Sabato sera sono andato a vedere “BROKEN FLOWERS” (di Jim Jurmasch con Bill Murray, Sharon Stone, Jessica Lange) che ha vinto il GRAN PRIX AL 58MO FESTIVAL DI CANNES.
La trama:
Don Johnston, scapolo impenitente, riceve una misteriosa lettera, senza firma, da una sua probabile ex amante che lo informa di essere padre di un ragazzo di 19 anni. Don si confida con Winston, suo amico e vicino di casa, che gli consiglia di andare alla ricerca di colei che può aver scritto la lettera. Così, superando la sua ostilità per i viaggi ne intraprende uno attraverso gli Stati Uniti.
Un vecchio Don Giovanni, con i fiori rosa in mano e la testa piena di domande, ci porta in viaggio alla ricerca della madre di suo figlio tra le sue amanti di 20 anni prima.
Insomma, un film sulla ricerca di se stessi. Chi siamo, dove andiamo, quelle robe lì. Stupidate, ma che fanno fremere il cuore però.
Capita a volte che una veda dei film in momenti particolari della propria vita che ne alterano la percezione e, incurante delle oggettive immagini sullo schermo, uno vede quello che vuole vedere. Sono certo che anche la storia tra Alien e il tenente Ripley per qualcuno sarà stata un dramma melò sull’impossibilità dell’amore, alla Romeo e Giulietta.
Bene! Reduce dalla confusa serata precedente, appena uscito dal cinema ho subito detto a Paolo-MissTake la mia personale sensazione sul film. E cioè che tutte quelle donne sarebbero potute essere “quella giusta”, se solo ci si fosse impegnato in quelle storie. Ognuna di quelle donne potenzialmente poteva diventare il proprio destino e il fatto che ci sia anche nato un figlio, significava che veramente le potenzialità c’erano. La bellezza del film stà proprio, sempre secondo me, nel fatto che non sapremo mai perché quelle storie sono finite ma ci invita a riflettere sul perché le NOSTRE storie sono finite. Perché i nostri fiori si sono rotti?
Insomma secondo me era un film sulle occasioni perdute e sul fatto che alla fine il protagonista ha perso la sua famiglia (e cioè la sua ex fiamma e il suo figlio) alla ricerca di qualcosa che non ha mai trovato. Infatti ora ha appena chiuso l’ennesima love story ed è “sospeso”. Metaforicamente la sua "sospensione" è rappresentata dal fatto che non lo vediamo MAI dormire nel suo letto (chiaro segno di “nido” e “casa”) ma schiaccia continui pisolini sul divano. Un uomo depresso e solo, che non sà più cosa fare della propria vita
E’ sempre stato superficiale, non è mai andato oltre le apparenze. Adesso si avvicina alle sue ex donne in modo diverso e cioè cercando di cogliere in loro aspetti che non sono manifesti, i loro segreti e cioè se sono diventate madri e forse anche che genere di madre sono state. Insomma veramente a volte basta un po’ d’impegno e cambiare punto di vista (meno egocentrico e più altruista) per vedere le persone sotto una luce diversa.
Insomma, MissTake mi ha rinfacciato di essere vittima di sensazioni e dubbi legati alla mia vita e che mi ero visto un altro film…nella mia testa.
Invece stamattina ho letto questa bella dichiarazione del regista: “"è una storia sulle occasioni perdute, sull'amore che non abbiamo dato, su chi abbiamo fatto soffrire con i nostri abbandoni, soprattutto sulla solitudine di chi alla fine è sfuggito ai sentimenti e alle responsabilità. Ma anche sulle possibilità che la vita riserva ogni giorno". Prrrrrrrrrrrrrrrrr tiè!
Voto: 4 stelline (su 5)
PS: Io candido per l’oscar come miglior attrice non protagonista ALEXIS DZIENA nel ruolo di LOLITA. F A N T A S T I C A. E candido anche la costumista “per quel meraviglioso completino (che non indossava)”. Bisogna essere così nell’amore: nudi da retaggi ed esperienze precedenti e assolutamente infantili. SANTA SUBITO!!!!!
PS2: in questo film mi ha colpito molto la presenza vistosa, e a volte insistenze, di loghi. Tutto è visibilmente griffato. Che sia solo per far entrare soldi o siano veramente parte della mappa della nostra vita. Noi siamo quello che consumiamo????