Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

martedì, febbraio 27

Certo uno che ha il gesso ad una gamba, non è che possa fare molte cose. Visto che sono a casa del mio fidanzato e ho a disposizione la sua collezione di cd mi sono inventato di fare un cd compilation alla mia amica Chiara che si sposa. L’idea era quella di trovare canzoni che avessero le titolo le parole “matrimonio”,“sposa”, “moglie” o “marito”. Ovviamente tutte le lingue erano ben accette. Mi sembrava di essere tornato adolescente quando nei testi cercavo i doppi significati o cercavo conferme alla mia ipotesi che le canzoni parlassero di amori omosex.

Bhè, con mia grande sorpresa la discografia mondiale ha decisamente snobbato il matrimonio, almeno nei titoli. Ovviamente la gran parte delle canzoni parla d’amore, ma quasi nessuno ha voluto usare delle parole precise che rimandassero al matrimonio, almeno nel titolo. Come se quelle parole non spiegassero, non fossero abbastanza riassuntive del concetto, avessero perso di valore. Oppure è solo una questione di metrica o poetica, forse suonano male. Ma pare proprio che più all’amore la parola “matrimonio” o “sposa” rimandasse alle carte da firmare, agli obblighi da sopportare, alla difficile scelta delle bomboniere. Insomma niente che meritasse di essere cantato.
E poi al di la del titolo, per fare una buona compilation a tema, anche i testi dovrebbero fare la loro parte. E invece spesso le parole ingannano e ho trovato: mariti sbagliati “Husband Vampire” di Shelley Stuart, fughe dell’ultimo minuto “Where were you on our wedding day?” di Billy Joel, tradimenti di mogli “Wives & Lovers” Dionne Warwick e di mariti “Her Husband” di Shirley Murdock.
I più disillusi dicono spesso che l’amore esiste solo nelle canzoni o nei film. A supporto della loro tesi si potrebbe anche dire che il matrimonio esiste solo nella realtà o nelle speranze ideali dei rappresentanti della Chiesa Cattolica e dei politici, ma non certo nella musica rock. Certo che probabilmente ci sono anche tante canzoni che parlano della fine dell’amore, ma probabilmente anche la parola “divorzio” sarà difficile da trovare tra i vari titoli di canzone (ma questa è solo una mia supposizione).
Comunque per ora la mia compilation è formata da :
“Be my Husband” di Nina Simone, nella fantastica versione di Antony & the jhonsons
“Be my wife” di David Bowie
“My Wife” di The Who
Ma aspetto vostre segnalazioni, per favore!
La strana coincidenza che mentre faccio questa ricerca sul lettore stà suonando il nuovo strepitoso cd di Jay Jay Johanson “The long term physical effects are not yet known” che si può tradurre più o meno come “gli effetti delle relazioni a lungo termine sono ancora sconosciuti”. E mi sembra una bella spiegazione.

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mercoledì, febbraio 21


E’ bastata una foto e l’annuncio del titolo del nuovo disco di Tori Amos: “American Doll Posse”, ovvero “la combricola della bambola americana”. In tutto il mondo si è scatenato il delirio su internet. Certo Tori Amos è una delle artiste che ha un seguito fortissimo sul web e un numero spropositato di siti e forum a lei dedicati. Addirittura anni fa si fece sponsorizzare un tour da Napster, mentre altri si incazzavano per i mancati introiti derivati dal download. Ma non è solo un fatto di numeri. E’ il potere di quella foto che ha scatenato il putiferio. Negli ultimi anni Tori Amos aveva prodotto dei lavori musicalmente meno aggressivi e, pur affrontando temi decisamente poco commerciali (il femmineo nella religione, i vangeli gnostici, il terrorismo, la politica americana etc), aveva preferito uno stile più moderato e discreto. Fino ad arrivare al stucchevole concept dell’ultimo lavoro “The Beekeeper” con fiorellini, farfalline e colori pastello.
Adesso si torno alla potenza e alla forza. Tori Amos è in una posizione messianica, che guarda senza abbassare lo sguardo un cielo nuvoloso che sempre quasi apocalittico. Sulla mano destra tiene la Sacra Bibbia, nella mano sinistra la scritta “Shame”, ovvero “vergogna”. Dalle gambe le cola del sangue mestruale.
Insomma, visto che Tori Amos è sempre stata attentissima agli archetipi visivi dei suoi lavori, si direbbe essere tornata ad affrontare temi più personali e con un taglio più aggressivo e diretto. Cosa suggerisce questa foto?

Il cuculo è un uccello che depone le proprie uova abusivamente nel nido di altri.
Non solo. Dopo la sua nascita, perfettamente mimetizzato, il piccolo cuculo mette in atto un’efficace strategia di “eliminazione del compagno”, fino a conquistarsi l’esclusiva attenzione dei nuovi genitori.
La tradizione ostile alla figura femminile si è insediata nella Chiesa Cattolica nello stesso modo. Per numerosi secoli, sul modello di Maria sacerdotessa, le donne avevano servito nei diversi ministeri, incluso il diaconato sacramentale. Con l’adozione del diritto romano e la trasformazione del cristianesimo in una religione dell’impero, s’interrompe una radicata tradizione e si lascia insediare il cuculo del pregiudizio anti-femminile nel nido della Chiesa.
La storia insegna come, lungo un periodo di circa 20.000 anni, l’immagine della divinità sia gradualmente cambiata da dea a dio, e di come il dio abbia finito per essere identificato con lo spirito e con la mente e la dea con la natura, la materia e il corpo (ecco il significato del sangue tra le gambe). Per circa 18.000 anni l’immagine della dea come Grande Madre ha dominato lontanissime ere: il Paleolitico (40.000-10.000 a.C.), il Neolitico (10.000-3.500 a.C.) e la grande civiltà dell’Età del Bronzo (all’incirca 3.000-1.500 a.C.). Era vista come l’utero della vita, la sua grande tela, il suo ritmico pulsare: la vita dell’Uno era la vita del Tutto; luna, sole, stelle, piante, alberi, animali, esseri umani erano tutti suoi figli. Essa riuniva in sé le tre dimensioni di cielo, terra ed inferi. La sessualità ne è espressione primaria: un impulso sacro, estatico, riflettente l’impulso creativo della vita stessa a rinnovarsi eternamente.
Circa 2000 anni a.C. avviene un cambiamento tremendo, devastante, come un fulmine a ciel sereno. Il Medio Oriente e il Mediterraneo orientale sono gettati in subbuglio: invasori recanti divinità maschili - “un popolo il cui assalto fu come un uragano” – irruppero nelle valli fluviali dove la dea era venerata da migliaia di anni, e portarono con sé il cavallo e il carro da guerra. Guerra e conquista divengono il tema di una nuova e terrificante età, dappertutto regnano paura e massacro, alte grida di terrore e angoscia, mentre la gente viene uccisa, resa schiava, esiliata dalle proprie case.
In questo nuovo atto del dramma del nostro viaggio evolutivo, la Grande Madre si sposta dietro le quinte, e il Grande Padre avanza al centro della scena. In Grecia le dee (Atena, Artemide, Afrodite, Persefone), che un tempo rappresentavano aspetti dei poteri della Grande Madre, ora divengono figlie di Zeus (tutte eccetto Demetra e Gaia, che conservano lo status dell’antica Grande Madre). Nella cultura ebraica il Grande Padre rimpiazza la Grande Madre come creatore della vita. La storia della feroce battaglia tra i fautori delle due mitologie è raccontata nel Vecchio Testamento. Tutte le immagini e i riferimenti alla dea vennero distrutti. La lingua ebraica ancora oggi non possiede parole per esprimere il concetto di “dea”.
La mente diviene di importanza suprema: la mente, che sta al di sopra della natura e viene identificata col Dio Padre; la mente, che sta divenendo sempre più capace di influenzare e controllare l’ambiente attraverso le idee e le invenzioni tecnologiche. Psicologicamente, questa nuova fase è incentrata sulla costruzione di un ego forte, focalizzato.
Gli uomini sono i portatori primari di questa nuova consapevolezza, mentre le donne rimangono più vicine alla vecchia visione. Le concezioni patriarcali guadagnano terreno, e tutto quanto ha a che vedere col valore Femminile viene represso, deprezzato. Il ruolo delle donne come portatrici di vita viene svalutato in confronto al ruolo maschile di conquista, ordinamento e controllo della vita; le donne divengono parte di ciò che è controllato dagli uomini. D’ora in avanti, con poche eccezioni, il loro contributo al progresso sarà scritto al di fuori della storia della civiltà occidentale, e questa situazione ha cominciato a cambiare solo nel nostro secolo.
La storia di questa fase comincia con i miti che parlano della separazione della Terra dal Cielo E’ l’inizio di una percezione completamente nuova della vita, in cui la natura diviene qualcosa da controllare e manipolare da parte dell’ingegno umano.
L’invenzione della scrittura fu uno spartiacque tra il vecchio modo di vivere ed uno nuovo, durante il corso del quale l’antica coscienza partecipativa iniziò a svanire e cominciammo a sperimentarci come separati dalla natura. Cominciammo lentamente ad identificarci con un dio eroe che uccide un drago, immagine tanto frequente nelle leggende dell’epoca. Ovunque la scrittura mise radici seguirono la conquista, il dominio, la schiavitù e l’organizzazione gerarchica della società. L’abilità di scrittura fu sviluppata dagli scribi e dalle classi sacerdotali e fu confinata al 2% circa della popolazione. E alle donne non veniva insegnato a leggere e a scrivere. Per 5000 anni, egli afferma, “La mano che ha tenuto la penna ha tenuto anche la spada”. Prima dell’invenzione della scrittura, saggezza e verità venivano trasmesse oralmente, mentre adesso saggezza e verità erano considerate risiedere nella parola scritta, la parola di Dio. La nostra attuale crisi ecologica può essere interpretata come conseguenza di un mutamento di coscienza a lungo dimenticato, che all’incirca 5000 anni fa segnò la transizione dall’età del Bronzo e quella del Ferro.
L’immagine maschile della divinità suprema rafforzò enormemente gli uomini, portatori primari di questa nuova consapevolezza. Le donne restarono più vicine alla vecchia visione, più vicine alla coscienza partecipativa e al rapporto con la natura. Considerate inferiori, furono retrocesse socialmente, di fatto schiavizzate, divenendo proprietà dei mariti. L’ebraismo e il cristianesimo bandirono sacerdotesse e dee.
Con la comparsa di questo mito, la guerra e la violenza divennero endemiche, simultaneamente in luoghi diversi ci fu una crescita del desiderio di potere che accompagnò il nascere di capi guerrieri. Ci fu un cambiamento sociale e politico di massa: la migrazione verso le città e la crescita della popolazione; la nascita delle città stato, del controllo centralizzato e delle burocrazie; la trasformazione dei contadini in servi; la riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra e la pulizia etnica delle popolazioni conquistate. Il ruolo del guerriero venne esaltato a modello supremo per gli uomini, e quelli che non potevano o non volevano vivere questo ruolo devono aver sofferto terribili vergogne e umiliazioni. Questo processo, iniziato nel terzo millennio a.C si conclude con Hiroshima, col Vietnam e con le orrende armi nucleari e biologiche della guerra moderna. I media diffondono ancora il tema della conquista (la conquista dello spazio, della malattia, ecc.). I politici usano ancora inconsciamente il linguaggio e l’imagerie arcaici dello scontro e della conquista. Tutto ciò è divenuto intrinseco alla psicologia maschile (l’evangelizzazione cristiana come conquista).
Per fortuna nel corso dell’ultimo secolo è cresciuta la consapevolezza degli individui e la messa in discussione di archetipi, miti, atteggiamenti, modalità di pensiero e pregiudizi che ci arrivano dal passato. Ecco che a differenza delle ideologie che si erano incancrenite nel corso dei secoli si stà facendo spazio una mentalità alternativa: il ristabilimento dell’aspetto femminile di Dio; una nuova consapevolezza dell’anima; la risacralizzazione della natura (“tutto ciò che vive è sacro”), la rivalutazione delle donne; e, infine, un mutato atteggiamento verso la materia e il corpo fisico.
L’integrazione di questo aspetto più “femminile” con quello più “maschile” è alla base di tutti i conflitti sociali che tutti i giorni trovano spazio sui giornali. Il crollo delle convinzioni, la disintegrazione delle istituzioni gerarchiche della chiesa e dello stato (Es: il fenomeno dei no-global), lo scardinamento del rapporto tradizionale tra donne e uomini (es: la polemica sui pacs e sulla famiglia tradizionale), il mutamento delle idee su Dio (Es: il fenomeno della new age), sulla natura (Es: la polemica sul trattato di Kyoto) e sulla nostra natura umana (Es. le polemiche sull’eutanasia e sulle cellule staminali).
Ecco che nell’immagine si manifesta questo senso di vergogna per se stessi, inculcato a forza da secoli e secoli. Il fatto di farsi donna attraverso le mestruazioni ha rappresentato da sempre l’affermazione di una inferiorità, invece di rappresentare il lieto evento della maturazione sessuale. Ma non pensiamo solo a credenze antiche. Gli archetipi lavorano anche oggi ed ecco quelle stupide pubblicità dove ragazze cercano di negarla e nasconderla e fanno energiche attività fisiche durante le mestruazioni (come buttarsi dall’aereoplano). Non è anche questo un esempio di come ancora nella nostra cultura si cerchi di trasformare l’immagine da dea a dio.
Ma non è una questione che riguarda solo le donne, ma tutto ciò che riguarda “il diverso”. Pensiamo, ad esempio, all’omosessualità. Oppure al senso di vergogna che per secoli ha caratterizzato la masturbazione.
Insomma partendo dall’immagine di copertina e dalla passata produzione di Tori Amos, ci si aspetta grandi cose da questo nuovo disco che uscirà il 1° Maggio.
Inoltre proprio dall’Italia avrà il via un nuovo tour mondiale:
28 Maggio – Roma – Teatro Sistina
30 Maggio – Firenze – Teatro Verdi
31 Maggio – Milano – Teatro Smeraldo

lunedì, febbraio 12

Mercoledì andando a lavorare sono scivolato e mi sono fratturato il V Metatarso e ora per un mese dovrò tenere un bel gesso fino al ginocchio.
Quando il corpo accusa qualche problema, io sono sempre nervoso. Mi Sento un ingranaggio rotto o inceppato e questo mi irrita molto, non tanto per il danno in sé, può anche essere una cosa da nulla, quanto per la sensazione di essere fragile, e magari di dover dipendere da qualcuno.
E poi essere tornato a casa di mamma: senza Skype, senza messenger, senza internet, senza poter andare in palestra, senza poter fare le solite cose. Mi sembra di perdere pezzi per strada: perdo persone, occupazioni, abitudini e mi sembra di essere al centro di una palude. E pure impantanato e con il vento contro. E nella melma schifosa non faccio che trovare le ossa di chi è passato qui prima di me.
Ma parliamo di questi “DICO”. La prima domanda è: sono eccessivo se quando vado in posta a mandare la raccomandata al mio convivente attacco i barattoli vuoti sul retro della macchina e vado all’ufficio postale vestito di bianco con tanto di velo?
Le altre nei prossimi giorni. Non lo sapete forse che il V metatarso è fondamentale per la stabilizzazione dell’umore ed è coinvolto nella capacità di formulare pensieri compiuti?

martedì, febbraio 6


Questo week end ho ascoltato il nuovo disco delle CocoRosie.
L’80% delle recensioni degli ultimi tre anni hanno affiancato la vocalità delle CocoRosie a quella di Bjork, per non parlare di quel loro modo di fare musica partendo dai rumori, proprio come le produzioni di Bjork da “Vespertine” in poi. Ebbene le due sorelline CocoRosie hanno deciso di non sfuggire all’ormai inevitabile paragone. Anzi hanno addirittura voluto sfidarlo a testa alta andando a produrre il loro nuovo disco “The Adventures of Ghosthorse & Stillborn” a Reykjavik (città natale di Bjork) e lavorando con il produttore Valgeir Sigurdsson (conosciuto per essere il principale collaboratore di Bjork in studio: insieme hanno lavorato a Dancer in the Dark, Selma Songs, Vespertine, Medulla e Drawing Restraints 9). Il video di lancio del loro disco hanno deciso di farlo girare da Michel Gondry, che ha filmato la regia di tantissimi video di Bjork.
Ma non solo! Hanno anche capito che giocare d'anticipo è importante. Innovazione significa sviluppare oggi quei prodotti che verranno richiesti domani. “Vespertine” ha segnato in qualche modo la strada a tanti lavori minimali e intimi. Adesso che Bjork stà lavorando con il produttore Timbaland alla produzione di brani hip hop, le CocoRosie hanno pensato che valeva la pena anticipare i tempi e lavorare alla loro personale idea di hip hop. Certo non aspettatevi il disco di Fergie o di Gwen Stefani! Il talento e l’originalità delle due sorelline restano immutati rispetto ai primi due dischi.


Gia la prima traccia “Rainbowarriors” (che è stata scelta anche come singolo di lancio) e altre pezzi come “Promose”, “Raphael” o “Warewolf” ci introducono nel “nuovomondo” delle CocoRosie: un hip-hop surreale e dissonante cantato/recitato da Bianca, con campionamenti iper-realistici (campanelli di bicicletta, cavalli etc), scratch decisi, disturbi vari, basi più ritmate e allegre rispetto ai precedenti due lavori. Ovviamente lo stile CocoRosie viene assicurato dai controcori e dai ritornelli che vengono cantati soavemente dallo stile operistico di Sierra.
Tra i pezzi più “stranianti” sicuramente spicca la marcetta rumorosa ed energica di “Japan” che ricorda una fanfara che arriva da qualche visone onirica (magari dopo una cena a base di peperonata) oppure “Animals” che sembra iniziare con la melodia di “tanti auguri a te”. Non mancano i pezzi che ci riportano alle atmosfere più classiche del gruppo: “Sunshine” che con pochi accordi di pianoforte e il miagolio di Bianca è destinato a diventare un classico live, oppure “Bloody Twins”, “Houses” o “Balck Poppies” dove possiamo (ri)trovare i suoni giocosi di mucche di latta, carrilon e bambole canterine.
Insomma le due sorelline si ritrovano a proporci un album equilibratissimo nonostante sia opera di un collage di suoni, di sovrapposizione di cantati con registri molto diversi (dall’opera alla conversazione), arrangiamenti eccentrici e strumenti molto diversi che convivono insieme!
Il mood del disco è sempre quello sognante e fiabesco, che tanta fortuna ha portato alle CocoRosie (e l’anno scorso ha portato al trionfo a livello planetario anche di Joanna Newsom). Il disco però stavolta è meno malinconico e, se posso permettermi, più adulto e sereno.


Voto: 3+1/2 stelline (su cinque)
Uscita prevista: Aprile 2007.

giovedì, febbraio 1


“Se Stasera sono qui” spettacolo di Loretta Goggi. E’ un One Woman Show. Lei l’unica regina della serata, accompagnata dall’orchestra e dal corpo di ballo. Canzoni, balletti, imitazioni, monologhi. Non è il mio genere: io a teatro ho bisogno di veder rappresentata una storia. Ma non posso negare che la signora ci sa fare. Eccome. Voto: 3 stelline su cinque.

“L’arte del Sogno” di Michael Gondry. Gondry è un genio! Che il regista fosse un talento vero, di quelli per i quali è lecito spellarsi le mani, ce lo avevano detto i suoi splendidi video. I suoi precedenti film “Human Nature” e “Se mi lasci ti cancello” ci avevano entusiasmato. Bhè, Gondry torna con un nuovo sofisticato film in cui, ancora una volta, finzione e realtà si mischiano creando vertigine. Fantastica la regia, superba la sceneggiatura, gli attori sono perfetti nella parte, battute sottili e divertenti, buffissime e sorprendenti scenografie “artigianali”. Voto: 5 stelline su cinque

“Il Grande capo” di Lars Von Trier. Anche Lars Von Trier è un genio! Che il regista fosse un talento vero, di quelli per i quali è lecito spellarsi le mani, ce lo avevano detto i suoi splendidi film precedenti. Niente da aggiungere, nel senso che faccio di tutto per dimenticarmi questo film. Per me non esiste. Non è mai esistito. E mai esisterà una “commedia” di Lars Von Trier! . Voto: 1 stellina su cinque.

“Una voce nella notte” di Patrick Stettner. Tanto ho amato il libro di MAUPIN, tanto ho detestato il film! All’inizio ho anche sperato bene: alcuni dialoghi tra il protagonista e la segretaria cinese sono riportati paro paro dal libro. Poi però c’è il tracollo, la storia viene dilaniata. Il libro si fondava sul dubbio della vera esistenza del piccolo Pete, ma qui te lo mostrano dopo 5 minuti. Hanno tolto un bel pò di roba. Scoradatevi tutta la parte relativa alla famiglia d’origine del protagonista e soprattutto la fase in cui il padre viene ricoverato in ospedale (e quindi l’analisi di quanto una famiglia possa anche essere cattiva). Per non disturbare un pubblico etero è stata eliminata la parte in cui il protagonista ha un incontro di sesso occasionale con il camionista. Però hanno aggiunto delle loro belle trovate. Hanno aggiunto ritmo con inseguimenti e fughe in corsie di ospedali, case abbandonate, quartieri etc Hanno aggiunto la suspances trasformando la psicologa in una pazza, visionaria, pericolosa e inquietante. Hanno aggiunto la morale: il protagonista viene scambiato per pedofilo da un poliziotto di quartiere (che tanto sarebbe piaciuto a Calderoli) e lo picchia di sana ragione! La cosa triste è che l’autore del libro è anche produttore esecutivo del film! Insomma -echecazzo- possibile che sia stato d’accordo con questo scempio? Voto: 2 stelline su cinque.