Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

lunedì, dicembre 15

Sono convinto che nessuno dei miei conoscenti (e non parlo di amici…) se venisse a Bologna e alloggiasse in un albergo che è solo a due civici di differenza da casa mia, non mi chiamerebbe per dirmelo. Anche se fosse un viaggio di lavoro e questo conoscente non avesse neanche tempo per un caffè al volo sono certo mi avviserebbe per dirmi: “guarda sono qui ma haimè non ho proprio tempo di vederti”. Anche solo per evitare che la sfortuna voglia che per caso ci si incontri. Sai com’è? Il mondo è piccolo… figuriamoci una sola strada!
Ecco: di questo sono veramente convinto.
Lui no! Viene a Bologna, alloggia a due civici da casa mia e non si fa vivo.
Ma come sempre sbaglio io perché mi aspetto delle cose. Dovrei smetterla, me ne rendo conto.
La lobby gay a Bologna è come la mafia: è ovunque. E io ho saputo in anticipo di quella prenotazione. E nella mia testa mi ero convinto che essendo a pochi metri di distanza, ci saremo visti per farci gli auguri di Natale.
Credetemi che non voglio altro da lui. Sono io ora che, dopo tutto quello che è successo, non riuscirebbe a stare con lui.
Ma ripeto: ho sbagliato io ad aspettarmi delle cose. L’ultima volta che ci siamo visti è stato qualche settimana fa per il funerale di sua madre. E io ho sbagliato ad aspettarmi che fosse ancora sconvolto dalla cosa, che avesse bisogno di conforto. Continuo a ripetere l’errore di aspettarmi di avere davanti la persona che conoscevo.
Invece lo trovo in compagnia di un ragazzo. E anche di questa conoscenza che è partita a fine settembre ma solo da qualche settimana scandita da frequentazioni più stabili, ero al corrente grazie alle mail che mi arrivano dal mio informatore segreto.
Lo ripeto fino alla nausea, ho sbagliato ad aspettarmi che avrebbe chiamato per dirmi: “Guarda sono a Bologna ma sono in compagnia di una persona con cui mi vedo e vorrei passare del tempo con lui”. Ho sbagliato!
E invece io per lui non esisto. Neanche prenotare una stanza a fianco di casa mia gli fa venire in mente di chiamarmi.
Per me lui rappresenta molto ed è per questo che continuo ad aspettarmi delle cose da lui. Quando è morta sua madre non ho esitato a prendere un treno all’alba per essere presente al funerale. Probabilmente ho sbagliato anche in quella occasione, forse sono stato fuoriposto. Dovevo probabilmente fargli le condoglianze su facebook, esattamente come lui ha fatto sapere (a me e agli altri mille contatti anonimi) che sarebbe stato a Bologna. Ah già non potevo… mi ha inibito il suo profilo di facebook. Non posso lasciare messaggi e non posso vedere i suoi.
Però poi se ti vede all’aperitivo ti viene a salutare come se gli facesse piacere di vederti. Proprio come si fa negli aperitivi che tanto gli piace frequentare: sorrisoni a tutti, tutti si chiamano tesoro, tutti “che piacere vederti” a 42 denti ma se non ti facevi vivo la serata andava benissimo lo stesso. Ma neanche in quella occasione ti dice che dormirà a fianco di casa tua, perché spera che tu non lo verrai mai a sapere. Anche se io ho calcato la mano sulla cosa chiedendogli: “immagino dormirai a Bologna stanotte?”, non ho avuto nessuna conferma.
La mia malsana idea era che la nostra storia ci avesse irrimediabilmente avvicinati, ci avesse lasciato uno spazio preciso uno nella vita dell’altro.
La mia malsana idea era che ogni volta si fosse presentata la possibilità, sarebbe stato automatico vederci.
Ma una cosa ho imparato: lui evita i problemi. I problemi non vanno risolti ( o almeno cercare di…) ma evitati. Finché le cose vanno bene lui ci sta dentro le situazioni, quando le cose si complicano ( diventano troppo “cervellotiche”… per usare un suo termine), allora vanno semplicemente evitate. E io per lui da mesi rappresento un problema da evitare. Una seccatura che richiede sforzo ed energie.
Anche la nostra storia gli è andata bene finché non ci sono stati problemi. Di fronte ai quali, quando io mi impegnavo a volerli risolvere, ho trovato un muro di fronte. Gli offrivo esattamente quello che lui odia di più. Di questo me ne sono fatto una ragione. E proprio per questo motivo sono anche certo che io e lui non potevamo fare coppia: io sono irrimediabilmente problematico. Lo ammetto.
Ho sbagliato a pensare di poter sostituire “quello” (che francamente adesso non so più come definire…) con l’amicizia.
Ma in realtà quello che mi aspettavo era quello che avrebbe fatto ogni mio conoscente.
Ma forse io non sono neanche quello.
Siamo destinati a tornare due estranei.
Ma forse a giudicare dalle da tutta la storia di “funky_man”, forse lo siamo sempre stati. Anche quando IO stavo in modo esclusivo con lui. E me ne devo fare una ragione.

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giovedì, dicembre 11

PORTISHEAD "THIRD" - disco dell'anno

E’ difficile spiegare perché un disco diventi il mio preferito tra le centinaia di dischi ascoltati in questo 2008. Non credo sia stato l’effetto attesa: aver aspettato 11 lunghi anni non trovando sul mercato nulla che potesse rappresentarne l’alternativa. Non credo dipenda neanche dal fatto che vederli a Marzo dal vivo sia stata una delle esperienze musicali più intense della mia vita. Ma anche senza live credo che questo disco sarebbe saldissimo al primo posto.
Credo che questo sia il disco del mio 2008 perché è la rappresentazione in musica del mio personale mood di un intero anno. Smuove e amplifica sensazioni talmente intime che credo fari fatica ad ascoltarlo in pubblico. Difficile riassumere un disco tanto complesso: ma mi ricordo ceh quando lo ascoltai la prima volta rimasi colpito dalla sensazione di lotta, di antagonismo tra la melodia della voce di Beth Gibbons e la violenza degli strumenti e delle macchine. L’incomunicabilità fatta in musica. La Gibbons stessa pare meravigliosamente "ingabbiata", costretta fra quattro pareti stagne fatte di suoni spessi e rumori, immersa nell'agonia. Da brividi.

Il disco parte con “Silence”, quasi a voler celebrare il silenzio discografico di una decade. Il pezzo si apre con un frame recitato in portoghese tratta da qualche vecchio film. Il tono di voce, la musicalità della lingua sembrano presagire sonorità e atmosfere “morbide”. Ma subito dopo ci si scontra con un vero muro sonoro: pesante, ripetitivo, iper arrangiato, durissimo. Che dura ben 2:10 minuti finché quasi si blocca per far emergere la sofferenza della voce di Beth. Sembra quasi che lei abbia aspettato il moment o in cui il suo carnefice si fermi per uscire dalla sua tana. E tutta la canzone mantiene il ritmo febbrile di un inseguimento, è vivida la presenza di un pericolo, l’angoscia di una lotta. Il tutto musicato da una sequenza di suoni assillanti, supportati da una session spettacolare di percussioni veloci e primitive.
Il secondo pezzo è “Hunter”, cacciatore appunto. Qui l’atmosfera è sofisticatissima. Non è lounge, non è folk, non è pop. Ma è tutto questo insieme. E’ il sofferto e rassegnato cantato di Beth stavolta a “stonare” con la musica.
Si prosegue con “Nylon Smile” dove la scena diventa più acida ed elettrica. Personalmente questo è il pezzo che preferisco meno di tutto il lotto, perfetto per farci qualche remix tamarro da passare in qualche aperitivo milanese.
Si prosegue con “The Rip” che è destinato a diventare un classico dei Portishead. Lo dimostra il fatto che già i Radiohead (mica cazzi…) lo hanno omaggiato con una cover. Il pezzo parte come un folk lunare e alieno, con la voce di Beth che è veramente allo stato di grazia. Ma a metà del pezzo il riverbero ossessivo della sua voce “lunare” viene contaminato da suoni “terreni”, sembrano quasi dei legni sbattuti. E tra il cantato e il suono si crea quella distanza siderale che ai miei occhi lo rende un capolavoro. L’atmosfera che si crea è di distanza, disillusione, incompatibilità.
A seguire “Plastic”, dove ancora si avverte fortissima la dicotomia tra le linee melodiche di quanto canta Beth e il delirio di suoni e rumori che sotto cercano di mortificarla, coprirla, disorientarla. Ascoltatela bene questa canzone: sembra di immaginare questa specie di Giovanna d’Arco che canta la sua verità circondata da lame metalliche, eliche di elicotteri e boomerang giganti che cercano di farla fuori. Per altro le percussioni migliori mai sentite quest’anno.
“We Carry On” è forse il manifesto di questo disco. L’inizio è paranoico, ossessivo, disturbante, minaccioso. Con questo “rumore” tirato all’infinito che ti trivella la mente. Anche in questo pezzo si avverte fisica la competizione tra la voce di Beth e questo suono (che sembra quasi un segnale morse), diventa quasi un duetto. Un pezzo dark. Un pezzo industrial. Un pezzo dark-wave. Un pezzo techno, Semplicemente una meraviglia. Questo è il funerale del trip-hop che al confronto appare come qualcosa di sfocato, di limitato, di troppo leccato. Appare come un genere a cui … mancava qualcosa. E questo qualcosa (che ancora non so definire) è tutto qui dentro.
Dopo questo tripudio di suoni ansiogeni, c’è incastonato “Deep Water”. Una canzoncina di poco più di un minuto. Quasi un pezzo da CocoRosie, una filastrocca sbilenca e cantata quasi da ubriachi. Sembra quasi un intercettazione da un mondo lontano, lontanissimo, fatto di spensieratezza e felicità.
Subdoli questi Portishead. Dopo questo intervallo celestiale ti piazzano il pezzo più duro e sconvolgente del disco: “Machine Gun”. Canzone che hanno pure scelto (in barba ai discografici cacasotto) come “singolo” (se ha ancora senso usare questa parola). Qui Beth sembra una condannata a morte sotto il fuoco nemico di suoni che sembrano delle mitragliatrici e delle sequenze “cattive” (non so come altro definirle) di batterie sintetiche. Sembra di essere dentro la fabbrica del terrore e dell’angoscia. Dove tutto questo viene plasmato, creato e sembra quasi di sentire il lavoro e lo sferragliare di macchine infernali. Su questo tappeto denso di suoni bassissimi scagliati (e non suonati) con cattiveria e rumori sempre più pressanti, si muove un cantato di Beth sensibile e rassegnato. Un misto tra Pubblic Enemy, Kraftwerk, Einstürzende Neubauten.

Si prosegue con “Small”. Il ritmo qui si ferma totalmente. E’ quasi un lamento alla supportato da piccoli interventi. Un pezzo intimo, funereo e bellissimo.

A seguire “Magic Door”, che si avvicina molto di più alla vecchia produzione del gruppo. Qui tutto viaggia all’unisono. Anche l’uso di synth lo rendono quasi un pezzo che poteva essere inserito nel precedente disco del gruppo. Per contestualizzarlo al resto del disco ci hanno piazzato nel mezzo l’inserto di un suono spettrale e acido, che però sembra veramente un aggiunta ad un pezzo che per struttura è diverso dal resto del lotto.

Ma è il finale che fa gridare al miracolo. “Threads” è tra le cose migliori che abbia sentito in tutta la mia vita. (vedi video)Questo è lo scontro finale tra il suono del disco e la melodia della voce. E sarà un duello sofferto dove la voce di Beth è la più sofferta mai sentita, il ritornello è veramente un “rogo di osanna liberatori”, come ho letto in una recensione. Ma haimè non esce vincitrice. Viene letteralmente mangiata da questo suono finale che chiude il disco. Un suono acuto e spietato che sembra quasi una sirena di una nave. Magari del Titanic che da un ultimo segno di vita dopo più di un secolo. Insomma qualcosa di spaventoso e alieno. Ancora più sorprendente pensare che questo suono i Portishead lo hanno ottenuto prendendo il suono di una chitarra e aggiungendo milioni di sintetizzatori. Insomma un esperimento da nerd brufoloso. E non da indiscussi maestri della musica come hanno nuovamente dimostrato di essere.

La mia personale classifica dei dischi amati in questo 2008.

1. Portishead, “Third”
2. Bon Iver, “For Emma, Forever Ago”
3. Fleet Foxes, “Fleet Foxes”
4. My Brightest Diamond, “A Thousand’s Shark..”
5. Sigur Ros, “Með suð í eyrum við spilum endalaust”
6. Antony & The Johnsons, “Another World” (EP)
7. CALLmeKAT, “I’m in a Polaroid. Where Are You?” (EP)
8. Joan As Police Woman, “To Survive”
9. Notwist, “The Devil, You+Me”
10. Hercules & Love Affair, “Hercules & Love Affair”
11. Adem, “Takes”
12. Wildbirds & Peacedrums, “Heartcore”
13. Goldfrapp, “Seventh Tree”
14. Adele, “19”
15. Baustelle, “Amen”
16. Colonna Sonora, “Once”
17. Headless Heroes, “The Silence of Love”
18. Elisane, “Hybrid”
19. Scott Matthew, “Scott Matthew”
20. Camille, “Music Hall”
21. Angus & Julia Stone, “A Book Like This”
22. MGMT, “Oracular Spectacular”23. Lykke Li, “Youth Novels”
24. SantaDog, “Kittyhawk”
25. Baby Dee, “Safe Inside The Day”
26. Russian Red, “I Love Your Glasses”
27. Gregory & The Howk, “Meonie & Kitchi”
28. Alt_Ctrl_Sleep, “Alt_Ctrl_Sleep”
29. Grace Jones, “Hurricane”
30. Polly Scattergood. “Nitrogen Pink”
31. Sia, “Some People Have Real Problems”
32. Anna Ternheim, “Halfways to Fivepoints”
33. Those Dancing Days, “In Our Space…”
34. M83, M83
35. Musetta, “Mice To Meet You”
36. Offlaga Disco Pax, “Bachelite”
37. Meg, “Psicodelice”
38. Moltheni, “Il Segreto Del Corallo”
39. Sian Alice Group, “59:59”
40. Martina Topley Bird,
41. El Perro del Mar, “From The Valley To The Star”
42. Il Genio, “Il Genio”
43. Death Cab For Cutie, “Narrow Stairs”
44. Munk, “Munk”
45. Yuppie Flu, “Fragile Forest”
46. CSS, “Donkey”
47. Milosh, “iii”
48. Laura Marling, “I Cannot Swim”
49. Martha WainWright, “I Know You’re Married….”
50. Santo Gold, “Santogold”
51. Scarlett Johansson, “Anywhere I lay…”
52. Tricky, “Knowle West Boy”
53. Crystal Castles, “Crystal Castles”
54. Kleerup, “Kleerup”
55. Clare & The Reasons, ”Clare & The Reasons”


DELUSIONI DELL’ANNO
Emiliana Torrini, “Me & Armini”
Brin Eno & David Byrne,

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