Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

mercoledì, maggio 23

Alcuni di voi si sono lamentati perchè sul mio blog potevano lasciare commenti solo quelli registrati. Da oggi ho cambiato le impostazioni e chiunque può lasciare un commento. Quindi per tutti i lettori silenziosi: sappiate chi mi piacerebbe leggere un vostro saluto. Magari scrivete da dove mi leggete e se ci conosciamo personalmente...tanto per fare una mappa statistica.

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lunedì, maggio 21


Il mio fidanzato mi ha regalato “Release the stars” il nuovo disco di Rufus Wainwright.
E’ un disco veramente fantastico, sempre che vi piaccia la musica barocca e iper prodotta di Rufus con squilli di trombe, cori che entrano ed escono, flauti svolazzanti e archi per gentile concessione della London Session Orchestra.

L’album si apre con la maestosa e bellissima “Do I Disappoint You”. Il cantante si chiede “Ti deludo, se soltanto sono umano? Perchè deve essere sempre fuoco? Perchè deve sempre essere zolfo? Desiderio? Raffredda questo corpo. Ti deludo se soltanto sono come te?”
Rufus fa una fredda analisi dei rapporti ai quali chiediamo sempre sensazioni sensazionali, emozioni uniche. Nessuno ci insegna che la quotidianità (per antonomasia più tranquilla e meno coinvolgente) non deve per forza rappresentare uno scendere di livello. Anche senza i capogiri delle prime illusioni, l’amore può essere amore. Ed è proprio nell’accettare di essere umani (con tutti i propri limiti e difetti) che può permetterci di abbandonarci l’uno all’altro, e non alla fantasia che avevamo dell’altro. Per far questo occorre pazienza, coraggio e fiducia e un vero lavoro su se stessi, che ci riporti a una nuova “Consapevolezza maturata” oltre ad una grande capacità di accettazione reciproca. Insomma con questo inizio Rufus la dice lunga sulla maturità di questo disco.

Il secondo brano è “Going to a town”, che è anche il primo singolo. Che dire? Per me è uno dei pezzi migliori di tutta la sua discografia. La sua bravura nel creare melodie qui raggiunge il suo apice. Rufus scrive la canzone criticando aspramente l’America dalla quale si è allontanato (il fidanzato di Rufus è tedesco e il disco è stato registrato a Berlino): “Sto andando in una città che è già stata bruciata Sto andando in un posto che è già stato in disgrazia (chiaro riferimento all’impero di Hitler)Sono così stanco dell'America” E ancora rivolgendosi alla sua patria le chiede: “Dimmi, pensi davvero che si possa andare all'inferno per aver amato? Dimmi, non ne hai abbastanza di pensare che tutto ciò che fai sia buono?” E poi ancora fa un riferimento sull’importanza della coppia e sulla forza e potenza che un rapporto può darti:
“Percorrendo la mia strada verso casa, non sarò da solo Ho una vita da vivere, America Ho un'anima da nutrire Ho un sogno da seguire Ed è tutto ciò che mi serve”.

Altra canzone bellissima è “Nobody’s Off The Hook” e cioè “Nessuno è fuori pericolo” Io ho l’interpretata come la difficile accettazione che ci sarà sempre qualcuno che avrà qualcosa da dire su di noi: qualsiasi cosa facciamo ci sarà sempre qualcuno pronto a sparlare di noi. Dobbiamo togliere potere al pettegolezzo (detto anche gossip,per renderlo meno volgare e più accattivante come attività), riconoscendolo come espressione della pochezza interiore di chi se ne serve e chi lo fa. E allora inutile cercare di “vivere una vita con stile” perché tanto “la vita prenderà quel cuoricino e ti metterà in ginocchio minacciando di spezzarlo per il finale. E tu ci crederai”


“Between my legs” parla della difficoltà di comunicazione all’interno della coppia, della difficoltà di verbalizzare i propri sentimenti: “Quando eri qui, mi mancavi . ora che sei via, sono là fuori con te”. Ma alla base di questa difficoltà c’è sempre dell’attrazione: “Ma quando so che sei nudo, sdraiato sul letto mentre io sono al piano, Tutto ciò che posso dire è che non posso fingere”. Insomma a me ricorda un po’ i versi di Minuetto di Mia Martini. E infatti il titolo “tra le gambe” ben rappresenta la spinta carnale che ci spinge uno vicino all’altro superando incomprensioni e orgogliosi arroccamenti sulla proprie posizioni.


L’album si chiude con l’intensa “Release the stars”. Rufus parla di tutti quegli attori e attrici che hanno dovuto nascondere la propria omosessualità e chiede di liberare queste stelle. Rufus chiede verità sia per rispetto alle vite di questi artisti ma ammette anche: “Oh, non vedi tutto il bene che la celebrità può fare per quelli nel buio” e cioè che ancora la comunità gay ha bisogno di modelli e riferimenti su cui costruire la propria identità. Ancora canta: “Quindi perchè non spalancare i cancelli e farle uscire tutte? Ricorda che senza di loro non ci sarebbe nessuna Paramount”. Infatti nell’industria cinematografica sono stati innumerevoli i gay sia tra gli attori che tra i tecnici.


Voto: 4 ½ stelline (su cinque).

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mercoledì, maggio 16

Ci sono delle cose che si usano da piccoli, che nel corso del tempo sono state sviluppate anche per l’uso da adulti. Pensate ai pannolini. Prima erano fatti solo per la pupù dei neonati e adesso vengono ampiamente utilizzati nelle case di riposo per anziani. Invece altre cose che si usavano da piccoli, misteriosamente (e ingiustamente) sono vietate da adulti. Un esempio? I bambini hanno biciclette con le rotelline e imparano così più facilmente e senza traumi ad usarle. E da adulti? Non esistono ovviamente le rotellone! Ma perché?
Non è un pensiero che nasce dal periodo di estrema calma in ufficio, ma da storie di vita vissuta. Infatti sabato il mio fidanzato mi ha fatto comprare dei scarpini per la mountain bike e domenica mattina ha voluto che facessimo il primo giro insieme. L’idea mi è piaciuta subito perché ho pensato a tutti quelli che vedi in giro, su quelle bici belle e aggressive, con quell’abbigliamento specifico molto figo. E mi sono detto perché non io?
Primo problema: comprare i suddetti scarpini. Decathlon sabato scorso credo fosse la location scelta per le prove generali del family day: c’erano solo famiglie con tanti tanti tanti bambini al seguito. Ora agli occhi di un commesso medio io da solo e con un retrogusto di possibile omosessualità, sono sicuramente meno interessante della famiglia Rossi che deve cambiare il parco bici dei suoi 4 figli. E poi le mamme di solito sfoggiano scollature generose. Impossibile avere la loro attenzione. Ma ad un certo punto mi sono detto: (s)carpe diem! Ho fatto cadere (per sbaglio, ovviamente!) una pila di accessori. A quel punto il commesso più tonto ha abboccato ed è venuto in sostegno, e io mi sono sentito troppo un ragno che va verso la sua mosca caduta nella ragnatela. A quel punto chiedo di questi scarpini e dei relativi attacchi e lui mi da una risposta incomprensibile il cui senso si può tranquillamente tradurre (per mio esclusivo bisogno di chiarezza) come: “esistono tanti attacchi diversi quanti bootleg di Tori Amos. Lei quale vuole?” Ora dico: parlassimo di Tori Amos risponderei sicuro che voglio “Boulder, novembre 1996”, ma parlando di attacchi per pedali non so cosa dire! Il commesso mi abbandona nel momento in cui capisce che sono irrimediabilmente un “cliente difficile” (a quel punto potrei anche appiccare un incendio ma nessuno si avvicinerebbe più; perché questi maledetti hanno un sistema di messaggistica interna, si parlano!) Segue nell’ordine telefonata con il mio fidanzolo che cerca di spiegarmi quello che per me è inspiegabile, pensiero di circa 20 secondi in cui mi dico “lo lascio!”, acquisto di impulso dei primi attacchi che ho avuto sotto mano.
Il giorno dopo Marco mi monta gli attacchi nuovi, sulle scarpine nuove che vanno bene. Mi da il caschetto, i pantaloncini con il supporto imbottito e si parte! Come succede al primo appuntamento, uno ha come massimo obiettivo un po’ di petting; non è che parte con l’intenzione di esplorare le fantasie erotiche più segrete. Io come primo giretto mi aspettavo solo di fare qualche pedalata tra il verde del naviglio della martesana. Mica volevo fare discese e percorsi ad ostacoli. Ma la realtà è più dura. Tali malefici scarpini servono per attaccarti ai pedali, si incastrano con delle molle e per sganciarli devi dare un colpo di tallone verso l’esterno, altrimenti resti prigioniero della bici. Cosa che puntualmente si è verificata al primo semaforo rosso. Quando dovevo fermarmi e liberare un piede per appoggiarlo a terra, tutto ciò non è successo. I miei scarpini si sono ancorati al pedale della bici, con la quale facevo un tutt’uno. Sarà che ero un po’ nervosetto alla vista del tir che mi stava per investire, ma ho pensato che non fosse il momento per capire cos’è l’equilibrio dinamico, e cioè individuare qual’è l’esatto punto del baricentro per non cadere. Ho agitato la gamba fino a sfilarmi la scarpa, o per meglio dire “sfilarmi la bici”. E sono mezzo cascato per terra, superato da una bimbetta bionda ovviamente…in mountain bike. Da quel momento in poi la bici ai miei occhi è stata una specie di Alien famelico. Giusto per dovere di cronaca e per dare il giusto risalto alle mie qualità sportive così ingiustamente sbeffeggiate da questo episodio, va detto che:
- nessuno nasce imparato.
- È bastato usare la bici di Marco che ha i morsetti dei pedali più morbidi (perché più usati) e il problema si è risolto.
- La mountain bike mi garba, e tanto.

Quando siamo tornati a casa io ero un po’ imbarazzato per la mia non superba performance. Ma quando ero sotto la doccia Marco è arrivato con una bottiglia di spumante e, dopo averlo ben agitato, lo ha stappato e io mi sono sentito nel podio come fossi Valentino Rossi o Schumacher.

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lunedì, maggio 14


Mi è difficile recensire il nuovo disco di Bjork, “Volta”. Posso dire che lo trovo un disco disomogeneo, e non so ancora decidermi se sia una cosa positiva o negativa. Le ultime produzioni di Bjork erano molto “globali” e “compatte”. “Medulla” sembrava quasi un opera a parte rispetto a quanto prodotto in precedenza. “Vespertine” suonava lontano anni luce dai remix di “Telegram” o dal mood di “Post”. Insomma nel mio immaginario Bjork era una che ad ogni album legava un progetto completo, globale. “Volta” mi sfugge da questa mia preconcetta immagine di Bjork. Ho l’impressione che stavolta si sia concentrata più sulle singole canzoni piuttosto che sul progetto globale. Più che il nuovo disco di Bjork, a volte mi sembra di avere una compilation fatta da un fan, una specie di “greatest hits” casalingo. Dove dentro ci mette un po’ tutto: il post rock dei Sugarcubes, le atmosfere più rasserenanti di “Vespertine”, i ritmi di “Post” Sicuramente mi ha sorpreso. Vedo “Volta” come una raccolta di belle canzoni che non rispondono a un progetto "homogenico". Mi spiego? Però ho trovato una Bjork più disposta a mettersi in gioco, meno autocelebrativa e perennemente votata alla “novità” e all’”avanguardia”, meno star e più diretta, meno di nicchia e più accessibile. Certo dopo “Medulla” qualsiasi produzione avrebbe suonato come “meno originale” e come un ritorno al passato, a meno che non facesse un disco silenzioso. Insomma Bjork senza boria. Meno vittima del suo stesso personaggio, e pronta a dare in pasto un progetto meno rivoluzionario. E infatti restaranno un po’ delusi quelli che si aspettano grandi novità dalla collaborazione con Timbaland. “Earth Intruders” o “Innocence” non aggiungono granchè al mondo di Bjork, che resta fedele anche con qualche basso e bit sintetico in più. Secondo me più che sulla ricerca dei suoni e delle melodie, Bjork si è concentrata sul cantato, sull’energie, sul ritmo. E infatti secondo me questo disco darà il suo meglio nella dimensione live, e sono contento di aver già preso i biglietti per il concerto del prossimo 21 luglio a Udine.
“Vespertine” e “Medulla” erano album casalinghi, fatti nell’intimità della propria casa e che si sprigionavano dal suo mondo interiore. “Volta” nasce dal viaggio in giro per il mondo che Bjork e la sua famiglia ha fatto in giro per il mondo con la loro barca, specialmente in Indonesia. Più che tirarla fuori da se, stavolta Bjork la musica l’ha fatta entrare in se stessa. Non ha cercato qualcosa di nuovo, ma si è fatta ammaliare da quello che sentiva e vedeva.
Anche in questo disco ci sono secondo me dei picchi di bellezza inaudita. Uno su tutti il duetto con il mio amato Antony: Dull flame of desire. La melodia, come mi faceva notare il mio ragazzo, ricorda un po’ le maestose ed epiche composizioni per ottoni e percussioni di Aaron Copland. Sembra quasi una melodia trattenuta, quasi come se non partisse mai. Le voci e gli echi si rincorrono ma non si sovrastano mai a vicenda. Il Dio della musica sa come mettere in scena due talenti senza che si facciano a pezzi. Anzi fa in modo che scatti quella particolare alchimia che solo i grandi (o alcuni di essi) sanno creare. Antony, secondo me, è veramente la voce più bella che abbia mai ascoltato, e i suoi lamenti ti arrivano dritto all’anima, se ce l’hai. E poi un testo semplice semplice e disarmante per la sua bellezza:


DULL FLAME OF DESIRE I love your eyes, my dear Their splendid, sparkling fire When suddenly you raise them so To cast a swift embracing glance Like lightning flashing in the sky But there’s a charm that is greater still: When my love’s eyes are lowered When all is fired by passion’s kiss And through the downcast lashes I see the dull flame of desire

Mi riservo di dare un giudizio più corposo dopo vari ascolti e magari dopo il live. Per adesso il voto è 3stelline1/2 (su cinque)

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L’altro giorno il mio ragazzo mi hai mandato un sms: “”Giusto per ricordatelo. Ti amo. Tanto”. Io al solito ho risposto con un sms ironico: “Ok. Adesso mi faccio un nodo al fazzoletto così non lo dimentico”.il giorno dopo al telefono ho capito che ci era rimasto male. La sua tenerezza non ha trovato soddisfazione nella mia reazione. Aveva ragione. Ho sbagliato e gli ho scritto una mail per chiedere scusa.
Il fatto è che siamo diversi. Ma è proprio li il bello secondo me. La curiosità di un inconscio diverso dal nostro ma non per questo inconoscibile, da vita ad un gioco di sguardi furtivo, intrigante, seducente, lontano dal “già visto” e che esula dalle aspettative. Ma questa non vuole essere una mia difesa o una scusa. Siamo diversi ma questo non giustifica la mia risposta fredda e frettolosa. Mi ha detto “Ti amo” mica “guarda che ti scade il bollo della macchina” (ps: a proposito…. quando scade?)
Anche il fatto che per me le parole “ti amo” siano un po’ “ovvie” e “poco rappresentative” non deve bastare a giustificarmi. Le parole sono un mezzo, la reazione alle parole è il fine. Il dire "ti amo" non ha un significato univoco, può voler dire un sacco di cose diverse... e può essere detto per un sacco di ragioni diverse. La parola non può essere un fine per sua stessa natura, per cui quando parli o ascolti o scrivi o leggi, non pensare alla parola, ma pensa all'effetto che può avere quando viene detta.Ecco il mio effetto è stato insoddisfacente. Ed ecco perché gli ho scrivo la mail. Perché anch’io lo amo, e spesso lo dico. Ma faccio fatica a dirlo usando solo quelle due paroline li (con cui Umberto Tozzi ci ha fatto una fortuna!). Tanto meno un sms: io sono logorroico e prolisso. Non mi basta dire che ti amissimo, che ti straamo. Io devo argomentare e ricamarci su!
Dire "ti amo" è una cosa così enorme, così complessa, così esigente, e che ci rende così vulnerabili che pronunciare quelle due parole diventa un'impresa eroica. Ma se non lo dico facilmente c’è anche 1 altro motivo. È che queste parole sembrano voler trasformare in qualcosa di rassicurante un'emozione che per costituzione è l'esatto contrario. L’amore fa paura! Stare in coppia è un’avventura che nessuna persona capace di ragionevolezza si disporrebbe ad intraprendere. Solo se ci si convince che amarsi è una follia e solo se ci si dispone ad affrontare l’imprevedibile mettendo a disposizione le proprie risorse di volontà e creatività, almeno nella stessa quantità che usiamo quotidianamente per lavorare o per divertirci, è forse possibile aspirare ad essere “felici”. Io voglio metterci tutta la volontà e la creatività che posso! Ecco queste sono le parole che gli voglio dire!

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venerdì, maggio 11

Direttamente da "il Manifesto" di domenica scorsa:

Consigli per partecipare al Family day
Alessandro Robecchi

Superiamo le barriere ideologiche! Partecipiamo anche noi a una buona riuscita del Family Day! Ecco qualche consiglio per l'organizzazione: Prime e seconde mogli. Chi partecipi al Family Day con la famiglia deve dichiarare prima con quale famiglia viene. Con una speciale deroga (registrarsi sul sito internet), si può portare la prima moglie, o il primo marito, i figli di matrimoni precedenti, e (solo iscritti organizzazioni cattoliche) il nuovo fidanzato della prima moglie, purché non sia un prete.Controlli a campione. Come evitare che qualcuno si porti l'amante al Family Day? Ai varchi d'ingresso, speciali incaricati potranno chiedere chiarimenti e fare controlli a campione, dal test del dna per conoscere la vera identità dei figli, alle domande private. E' sua moglie, questa? E' sicuro? Il bambino è suo? E' sicura? Servirà anche una squadra di psicologi.Security anti-gay - E' ovvio che chi si rechi al Family Day da solo è di per sé sospetto. In ogni caso sarà distribuito al pubblico un numero verde anti-gay da chiamare in caso di avvistamenti tra la folla. Discretamente ma con decisione interverrà la polizia religiosa.Pronto soccorso - Conoscendo le statistiche sulle donne picchiate in famiglia, e prevedendo un grande assembramento di famiglie, si consiglia l'installazione di centri per l'assistenza in caso di ferite lacero-contuse. Vip - Per le personalità importanti e i leader politici l'ingresso è garantito senza controlli. C'è qualche timore di affollamento, perché se Silvio porta tutte le sue famiglie e pure le giovani badanti, bisognerà mettere un centinaio di sedie in più. La Santanché porterà le sue simpatizzanti, per l'occasione ribattezzate Divorziate per la Famiglia. Casini ha fatto sapere che deciderà con quale famiglia venire solo all'ultimo momento.

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lunedì, maggio 7

Sarò un cagacazzo qunado mi ci metto? la risposta è SI. Leggete la mail che ho mandato oggi alla BUENA VISTA ENTERTAINEMENT.

__________

Spett.le
BUENA VISTA ENTERTAINEMENT
Via Sandri, 1 – Milano

Bologna, 6 Maggio 2007

OGGETTO: Testi cofanetto “DESPERETE HOUSEWIVES – 2° serie”

Gentili Signori,
ho acquistato il cofanetto “DESPERETE HOUSEWIVES – 2° serie” e sono rimasto francamente amareggiato dai numerosi errori di forma e di sostanza riscontrati nei testi riportati nelle confezioni dei singoli cd.
Lavorando come account per un agenzia di pubblicità mi viene abbastanza naturale, leggere i testi con occhio critico. Evito di contestarvi tutte le forme grammaticali discutibili, le frequenti e irritanti ripetizioni o la punteggiatura spesso assente. Ma vi assicurò che gli errori sono tanti. Vi riporto di seguito i più vistosi.

DISCO 1

Episodio 2: “Bree è imbarazzata dalle esplosioni emotive della suocera, ma presto avrà altri problemi con cui confrontarsi, a causa del sospettoso dottor Rex.”
Rex è l’ex marito di Bree, morto alla fine della prima serie. Forse si voleva parlare di George.

DISCO 2

Episodio 5: “Bree seppellisce di nuovo Rex, in mezzo ai sospetti della polizia, che mostra a Bree una nota scritta a mano da Rex, che la implicherebbe nella sua morte”
Forse sarebbe stato usare dei sinonimi, per evitare di ripetere due volte nella stessa frase i nomi propri dei protagonisti.

DISCO 3

Episodio 9: “Gabrielle si scopre ogni giorno più gelosa, vedendo George diventare sempre più religioso”. Non si tratta di George, ma di Carlos.
“Susan si reca a far visita al suo attuale padre”. I padri si cambiano? Cos’è un padre attuale?
“Bree scopre la verità su George, il quale passa alle maniere forti nel momento in cui scopre che la polizia lo sta cercando.” Magari era il caso di usare un sinonimo per non usare il verbo “scoprire” due volte nella stessa frase.

Episodio 11: avete sbagliato il titolo. E’ stato erroneamente inserito il titolo “Il fascino discreto della guerra” che però è il titolo dell’episodio 13.

Episodio 12: “Tom è allarmato perché i bimbi della famiglia Scavo hanno contratto la sifilide”. In realtà si tratta solo di scarlattina.

DISCO 4

Episodio 13: “Susan senza volere offendere il Dottor Ron, il quale fatica per mantenere un’etica posizione medico/paziente.” Probabilmente manca un pezzo di frase.

Episodio 15: “Non appena Bree si addormenta, i bimbi escono di casa per una passeggiata e ciò scatenerà un rabbioso confronto tra lei e Bree”. Oltre alla cattiva abitudine di ripetere spesso lo stesso nome più volte nella stessa frase, in questo caso non si capisce chi sia la “lei” con cui Bree avrebbe un confronto.

DISCO 5

Episodio 18: “Bree trova uno sponsor nel club AA che possiede un proprio problema di tossicodipendenza”. Possedere un proprio problema, la trovo una forma grammaticale alquanto discutibile.

Credo che anche i testi siano parte del prodotto che ho comprato e, soprattutto, pagato.
Mi spiace constatare una vostra leggerezza nel controllo qualità dei vostri prodotti. Se avessi voluto solo i video (senza confezione), i metodi per procurarmeli sarebbero stati "i più diversi". Mi spiego?

La presente ha solo l’amichevole scopo di ricordarvi che i vostri Clienti ci tengono.

Cordiali saluti.

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giovedì, maggio 3

Il 30 aprile, approfittando del lungo ponte del primo Maggio la zia del mio fidanzato ha insistito perché andassimo a cena da lei. L’avevo vista una sola volta prima. Eravamo capitati la per caso: ci aveva aperto la porta una donna di 80anni con bigodini in testa e smalto alle unghie che ancora doveva asciugarsi. Mi aveva già conquistato al primo sguardo e poi la conferma arrivò non appena mi disse il suo nome: Divina. Quel pomeriggio, nonostante lei avesse già pranzato, ci costrinse a restare a mangiare. Ricordo ancora i suoi racconti, la sua ironia e l’energia. Per un po’ di mesi non l’ho più vista a causa del mio infortunio. L’altra sera per la seconda volta Divina mi ha conquistato. Aveva preparato la tavola con cura, tutta coordinata sulle tonalità dell’azzurro. Aveva preparato portate per un esercito. E poi i racconti di una vita vissuta con slancio ed entusiasmo. Nessun rimpianto o rimorso trapelava dai suoi discorsi. Solo la voglia di parlarne, accettando il fatto che erano momenti passati e non sarebbero tornati, ma con l’attesa di vivere altrettante nuove esperienze. E’ stata una serata piena di felicità,di anime lucenti e tanta bellezza. Sono andato via da quella casa come se avessi preso un bivio improvviso dalla mia vita,un angolo di sogno, come se “una nuova famiglia” fosse possibile. Ero affascinato ed attratto da ciò che avevo intorno: amore, empatia, complicità e rispetto.
Stamattina abbiamo ricevuto la terribile notizia che la sera dopo la zia è stata male, è stata ricoverata in ospedale in terapia intensiva in condizioni gravi e stamattina è mancata.

Durante la pausa pranzo nel mio i-pod ho messo in loop la canzone “Quattordici Luglio” di Carmen Consoli:
Guardavo le sue mani che stuzzicavano insolenti una rosa finta
ed era così dolce il modo in cui
nascondeva l'imbarazzo
mentre parlava e sorrideva ironicamente
delle proprie sventure teneva gli occhi bassi
Guardavo le sue mani che si intrecciavano
tra i ricami di una tovaglia
riuscivo a stento a trattenere la voglia
di affermarle di aggredire il suo dolore
Misto all'incenso il sapore di un pasto frugale
i ricordi storditi dal tempo
pur essendo simile a tante e tante altre persone
era speciale ... speciale
Guardavo le sue mani che enfatizzavano
opinioni con eleganza
tra le improvvise somiglianze
simboliche intuizioni l'amichevole trasporto
Misto all'incenso il sapore di un pasto frugale
i ricordi storditi dal tempo
pur essendo simile a tante e tante altre persone
era speciale ... speciale
Mi lasciavo sedurre dalle sue manie
Mi lasciavo sedurre dalle sue manie
Mi lasciavo sedurre dalle sue manie

Mentre l’ascoltavo ho pensato tanto al calore che un essere umano può darti anche al primo incontro. La zia Divina si è nascosta tra i versi di questa canzone. E vorrei avere una bacchetta magica, per poter tornare indietro.
Ma non ce l'ho.
E nella mia impotenza, ti penso., Divina

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