Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

giovedì, maggio 29

Antony and the Johnsons - Man is the baby, live

E’ da giorni che ho in loop questa canzone. Sembra scritta per me. Ecco una traduzione:

Anelando a qualcosa di più di un giorno triste / Entro in quella che per me è la tua nuova vita / Bruciando per una giornata autentica / Do il benvenuto a quella che per me è la tua nuova vita / Perdonami, lasciami vivere / Liberami lo spirito / Smarrendo, ciò arriva come un’onda fredda / di colpa e di vergogna tutta su di me / Il bambino è arrivato nel buio / il cavo trionfo di un albero / Perdonami, lasciami vivere / Baciami le ginocchia cadenti / Perdonami, lasciami vivere / benedici il mio destino / Perdonami, lasciami vivere / Liberami lo spirito / debolezza seminata e troppo cresciuta / Uomo è il neonato.

Credo che la strofa “debolezza seminata e troppo cresciuta” sia veramente tutta la storia mia e di marco.
È una canzone sul rifiuto di accettare le cose. Quanto lontano si può andare rifiutando che qualcosa stia davvero accadendo, solo perché è troppo complicato, troppo terrificante, troppo difficile?
Parla di come si ritorni neonati, con tutto ancora da imparare. E affronta anche il sentimento di vergogna per non aver saputo gestire la propria vita come si avrebbe voluto.

Tra l'altro è stata annunciata una data di Antony a Milano il 10 Settembre. Io ci vado sicuro! Chi viene?

lunedì, maggio 19

E’ feroce la vita, a volte, quando ci costringe all’inesorabile brutalità di non avere scelte. Marco non mi vuole più. Ieri ci siamo visti perché ci teneva a dirmi che tra me e lui è finita. Dicono che gli addi sono facili da vivere se a muoverci c'e' rabbia... io non ne provo... e non ci sono parole che abbia voglia di pronunciare oggi, ne' spiegazioni che non gli abbia gia' mille e mille volte dato.
Ma che non bastano. Più.

Devo fare i conti da solo. Devo prendere atto del dolore che ho provocato senza volerlo. Devo pagare l’obolo per tutte le mie paure inespresse, per ogni silenzio, per ogni omissione. E devo scontare anche per il mancato tempismo nell’aver cercato di correggere questi miei atteggiamenti, per l’urgenza con cui le parole dopo volevano farsi sentire, per le domande mai formulate che non si accontentavano di risposte banali. Troppo tardi.
Mi resta la straziante sensazione di sconfitta per una possibilità sprecata. Sento forte il senso di responsabilità per aver causato con i miei atteggiamenti la fine di un rapporto più che soddisfacente. Devo fare i conti con l’ennesima possibilità sprecata per paura di non “essere abbastanza”.
Mi perdo Marco perché non ho lasciato respirar l'anima, l’ho chiusa tra pareti silenziose con l'alibi dalla confusione.Mi perdo Marco perché ho fermato pensieri a fil di labbra, perché mi sono fatto bloccare da giudizi che temevo a torto.
Mi perdo Marco perché ho dubitato che mi volesse veramente.
Mi perdo Marco perché gli ho posto davanti un muro di incertezza eretto da parole non dette prima, e da sicurezze troppo definitive dopo.
Mi perdo Marco perché nel nostro circo invece di fare il nostro applauditissimo numero da acrobati, io mi ostinavo a sentirmi nano, sgorbio e adatto solo al numero degli orrori.

Devo lavorare su questa consapevolezza. Non basta essere consci di cosa si ha combinato. Devo lavorare su di me perché non succeda ancora. Perché Marco ha paura che ci faremmo del male seriamente.

Adesso dovrò affrontare l’embargo emotivo. Dovrò cercare di non cedere alla voglia di cercarlo. Devo aspettare che il vino maturi prima di tirar via il tappo. Il mio unico modo di amarlo adesso ( e Dio solo sa quanta voglia io abbia ancora di amarlo), sarà liberarlo dal peso dei miei problemi, delle mie ansie, delle mie paure, dei miei demoni. E affrontarli da solo, sperando di venirne a capo e che arrivi un tempo in cui avrà un senso cercarsi di nuovo.

L’amore non deve implorare e nemmeno pretendere. L’amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé. Allora non è più trascinato ma trascina (H. Hesse)

Mi aspetta un periodo duro. Durissimo. Stamattina al bar davanti al mio caffè sono scoppiato a piangere come quelli che nella pubblicità di COSTA CROCIERE tornano alla loro vita, dopo la perfezione della crociere.

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mercoledì, maggio 14

A volte a riguardare a posteriori la nostra vita sembra che tutto fosse già scritto.

Il primo libro che mi aveva regalato Marco era stato “Una voce nella notte” di Amistad Maupin dove il protagonista veniva abbandonato dal compagno. Il primo libro che io avevo regalato a Marco era “Scritto sul corpo” di Jeanette Winterson che si apre con la domanda” Perché la perdita è la misura dell’amore?”. La perdita è l’unità di misura che ci quantifica quanto profondo era (anzi è!) l’amore e il linguaggio d’amore è l’unica cosa che ci rimane e che ci permette di colmare il vuoto della mancanza del nostro soggetto d’amore.

Minchia, neanche una cartomante avrebbe potuto fare una previsione più precisa. La sensazione è che veramente a volte il destino sia già stato scritto. Sui libri.

Però le cose possono cambiare. Anche le parole. Ad esempio prendiamo la parola abbandono. In senso grammaticale abbandonare significa lasciare qualcosa, senza dimostrare alcun tipo di interessamento per ciò che si è lasciato. Ma in religione, l’abbandono è la disposizione all’anima a donarsi completamente a Dio.

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lunedì, maggio 12

Ci sono dischi che arrivano al momento giusto. Ascoltati in altri periodi della vita non conserverebbero tutta la loro carica esplosiva.
E negli ultimi mesi della mia vita, contraddistinti da poca fiducia nel futuro e un senso di pesantezza esistenziale, mi è arrivato come una manna dal cielo il disco di un nuovo duo italiano “il genio”. Musicalmente suona decisamente retrò ma è difficile da spiegare. Proviamoci! Immaginate un mondo dove l’hip hop (che ultimamente ha tentato anche attempate signore che vivono decisamente male la propria menopausa) non è ancora stato inventato. Immaginate che una legge vieti con l’ergastolo fastidiose impennate di voce e gorgheggi che hanno portato al carcere Mariah Carrey e tanto vanno di moda a X Factor. Poi immaginate di unire (in percentuali variabili) musica “alta” (Serge Gainsburg, Jane Birkin, Air, Goldfrapp) con musica decisamente più pop (Pizzicato Five, Viola Valentino e addirittura Ilona Staller di “Muscolo Rosso”).
Non lo credete umanamente possibile?
Andate nella loro pagina myspace (
www.myspace.com/ilgenio) e ricredetevi.
Insomma finalmente qualcosa di nuovo, personale ma che sia leggero al punto giusto.
Suonano un genere che nasce dalla fusione di ritmi elctro pop, con sonorità anni Sessanta, dalla bossa-nova, alla musica da film, dall’easy listening alla cosiddetta lounge music o lift-music, cioè la musica da salotto o da cocktail bar o da ascensore, e sigle dei serial televisivi e dei cartoni animati.
I loro testi sono una festa pop ai limiti (mai saggiamente superati) del kitsch e all’insegna dell’ironia. Ma io ci ho letto anche una satira della società supertecnologica, simbolo della modernità e del consumismo. Su questo ho avuto al fortuna di poter intervistare il duo che anche dalle lore risposte ha confermato l’originalità e lo spessore di questo progetto. Teniamoli d’occhio.

Voto: 3 e 1/2 stelline (su cinque)


Di solito “il genio” fa coppia con “sregolatezza”. Ma ascoltando il vostro disco c’è un senso di serenità, niente che sia estremo o inquietante. Ad esempio le paure dell’amata in “pop porno” non diventano inquietudini ma si trasformano quasi in una giocosa provocazione. Già trovo straordinario trovare tanto “genio” in un progetto italiano, però vi chiedo: se c’è, dove stà la “sregolatezza” nel vostro duo? O la riservate per il prossimo disco?

No, mi permetta. No, io, scusi noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribai con cofandina; come antifurto, per esempio.(stralcio di un testo del prossimo album).

Nonostante l’uomo sia sbarcato sulla luna il 21 luglio 1969, voi avete scritto un pezzo intitolato “non è possibile”… che l’uomo sia andato sulla luna. Credo che lo sbarco sulla luna sia stato per il genere umano un avvenimento carico di significati e che ha portato all’insorgere di tantissime speranze per una società tecnologica più giusta. Con la vostra canzone “negazionista” volete forse denunciare il cadere di queste illusioni? Come se l’ultima speranza di essere diversi e migliori sia svanita e ci ritroviamo invece ad essere ancorati al nostro stesso essere e ad ammazzarci a vicenda come facevano i primi ominidi del pianeta?
E' proprio così, non avremmo saputo dare una migliore descrizione della situazione attuale. Noi non neghiamo che l'uomo sia andato sulla luna. Neghiamo addirittura che la luna sia un satellite e non un'ombra cinese.

Come nascono i pezzi? Prima il testo? La musica? Le idee?
Prima le idee, poi le idee scremate, poi le idee residue, finchè non restano il testo e la musica.

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venerdì, maggio 9

Questo blog mi manca. E mi serve. Per mettere in fila i pensieri che altrimenti svolazzano in giro come il polline di questi giorni. E irritano il naso e gli occhi.
Lo avevo chiuso d’impulso. Perché seguo senza riflettere i moti del cuore o di qualsiasi altra frattaglia: fegato, pancreas, bile e compagnia cantante.

Magari per i primi tempi starò un po’ sul generico ed entrerò meno nel personale.

Ok?

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