Concerto o seduta spiritica?
Questa è la domanda dopo aver visto “A life along the bordeline” lo spettacolo/tributo a NICO domenica sera al teatro comunale di Ferrara.
Abbiamo assistito ad un concerto vero, suonato e cantato con trasporto da chi NICO l’ha veramente conosciuta o, come la giovanissima Soap&Skin, la deve avere visceralmente amata a posteriori. Insomma più che un cast -spesso assemblato da dinamiche promozionali da case discografiche- qui si trattava di una serata amicale per rimpiangere i bei tempi e amici andati. Per sempre.
Una grande messa cantata, come quella di Pasqua dove, per i credenti, si celebra Gesù che è morto per i nostri peccati. E a guardarsi intorno l’altra sera, con anche tanti 45enni ex punk accompagnati da figli adolescenti, ci si sentiva un po’ così: a rendere omaggio a chi ha incarnato (fino alle estreme conseguenze) il nostro malessere terreno, la nostra difficoltà di essere vivi. Che in qualche modo ci ha salvati, sacrificandosi per noi.
E non c’è spazio per la “maschera” Nico, per il mito, per il suo essere ormai icona. Nessuna immagine a ricordarcela, nessuna presentazione biografica, nessun ammiccamento al gossip sulla Nico tossicomane che dimentica le parole delle sue canzoni, la Nico su cui tutti hanno avevano sempre da raccontare qualche storia sordita. Niente maschera, ma solo la sua anima musicale. E volutamente si escludono i pezzi più famosi (“Chelsea Girl”, “These days” o i pezzi con i Velvet Underground), che probabilmente incarnano proprio la maschera Nico, come i media ce la ripropongono ancora oggi.
Ma si preferisce l’anima dei suoi pezzi più oscuri e intimi. E l’anima rimane ed è viva. Talmente viva da evolversi ancora. Con arrangiamenti nuovi, che gli inglesi avevano molto criticato nella prima data di questo spettacolo. E invece io ho apprezzato molto, l’attualizzazione della proposta musicale di NICO.
Non farò una recensione pezzo per pezzo, ma alcune cose resteranno nella mia memoria per sempre.
“Afraid” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Mark Linkous, il front-man degli Sparkehorse. Pensavo che dopo la cover di Antony & the Johnson non si potesse fare di meglio. Ma questo Charlie Chaplin tristissimo e desolato ci ha regalato una versione dolente, intima e celestiale accompagnato dal quartetto d’archi dell’Orchestra del Teatro di Ferrara.
“My hear is empty” (da”Camera obscura”, 1985) l’unico pezzo senza band, cantato e suonato da sola al piano dalla rivelazione dell’anno: la 19enne Soap&Skin. Lei manco era nata quando uscì questo disco. Non avrebbe avuto senso eseguirla con “gli altri”, perché è evidente che la ragazza ha vissuto questo disco fuori tempo massimo, nell’intimità della sua cameretta, quando “gli altri” della sua età ascoltavano Madonna. Una piccola Nico disadattata. Intimorita nel essere ammessa su quel palco. Basta pensare a come fugge via all’ultima nota prima che parta il suo meritatissimo applauso. Oppure nella canzone finale, eseguita da tutti, dove viene trattenuta a forza da Peter Murphy che le impedisce di scappare nell’angolo più buio del palco (vedi al minuto 2:26 del video allegato), cosa che del resto fa appena riesce. E cosa fa? Guarda tutti questi grandi artisti e applaude con le manine, come fosse una del pubblico, come se quel palco non potesse mai essere suo. Santa subito!
“Mutterlain” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Peter Murphy, il cantante dei Bauhouse. Un mito che rende omaggio ad un mito. E’ come se celebrasse il suo matrimonio con la sua sposa cadavere. Entra sul palco in completo nero e lancia petali di rosa con un intensità dark che ti fa gelare il sangue nelle vene. Gli ultime se li caccia in bocca, quasi a volersi soffocare e raggiungere la sua amata. Poi li soffia via e i petali volano trasportati dall’anima di Nico risvegliata da questa seduta spiritica.
“The Falconer” (da “Desert shore”, 1970) cantata da Lisa Gerrard. A giudicare dall’applausometro è lei la star più attesa della serata. Entra in scena con un sorriso da promoter dell’Avon, con il solito vestito da notte degli oscar edizione 1958 già sfoggiato a Milano e Roma gli anni passati, e un acconciatura medioevale, una via di mezzo tra Barbara Alberti e Rita Levi Montalcini. Ma basta che esca la prima nota dalla sua bocca (dopo gli innumerevoli tentativi di postura), per farci capire che siamo veramente al cospetto di un angelo.
“Win a few” (da “Camera obscura”, 1985) cantata da Mark Lenegan. Mark Lenegan per fisico, postura, voce, attitudine musicale a mio avviso incarna il “maschile”, anche più di Bruce Springsteen. Ed è commovente come un uomo del genere venga a patti con un pezzo, con un estetica, con un universo così smaccatamente “femminile” come quello di Nico e della sua stessa vita. E’ come se tutti gli uomini che le hanno fatto del male (per la loro stessa natura “maschile”) le chiedessero “scusa”, con il vocione di Mark e i suoi occhi taglienti.
Non ho gradito molto l’esibizione dei Mercury Rev e di Carmen Consoli…. Visto che non si è presentata nonostante fosse menzionata tra il cast nella locandina.
Voto: 5 stelline (su cinque).
Vedetevi il video del pezzo finale cantato da tutti gli artisti insieme sul palco:
http://www.youtube.com/watch?v=Xd9fQp9qh3Y
Etichette: live music
2 Comments:
carmen consoli si è dovuta tirare indietro per gravi problemi familiari, la notizia è stata diffusa a mezzo stampa appena ci è pervenuta anche se effettivamente non è stata recepita da molti di questi organi... nei programmi di sala non figurava, peccato se qualcuno l'ha attesa invano, ma non credo che questo abbia inficiato lo show
6:32 PM
Avrei voluto esserci, adoro Nico come figura artistica e umana.
Grazie per la condivisione e il bellissimo resoconto.
Lisa Gerrard e Mark Lenegan sono sempre eccezionali.
Mi spiace per i Mercury Rev: mi piacciono molto anche se non ho mai avuto la fortuna di sentirli live.
Daniel
5:59 PM
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