Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

giovedì, febbraio 19

arisa - sincerita

Come ieri credo che il commento più competente (e vicino alla mia estetica) della puntata del festival di ieri possiate leggerlo nel sito di Joyello: http://fard-rock.blog.excite.it/permalink/509998

Però oggi voglio approfondire l’interprete che mi ha colpito di più: Arisa con la sua canzone “Semplicità”.
Intanto parliamo di lei e del colpo d’occhio: assolutamente fantastica! Sembra una scolaretta (un po’ intimidita) in mezzo all’esercito che l’ha preceduta di salutiste, glamourosissime simil-divette tirate a lucido e piallate da mani sapienti. Lei orgogliosamente sfoggia un vestitino mortificante (che neanche venerdì degli Addams…), degli occhiali fuori taglia e impegnativi (che neanche Elthon John degli anni ’70…), un nasetto da tartufi (che neanche Barba Straisand…)!!! E anche la performance è perfetta nella sua semplicità: ha cantato con le mani dietro la schiena…. un po’ come una studentessa elementare reciterebbe la sua poesia di Natale davanti a mamma e papà (impara, Marco Tommasini, impara!)! Ecco ti immagini di sentire da una così una canzone di isolamento, piena di autocommiserazione e nelle quali qualunque adolescente non particolarmente a proprio agio con il ribollimento ormonale poteva trovare sollievo e diletto.
E invece no! Tutta compiaciuta ti canta della semplicità di essere felici! Destabilizzante, no? La canzone è decisamente carina: pop nel senso più alto del termine. Un ritornello che ti si appiccica in testa e che a me ha fatto ricordare un po’ il Gruppo Italiano (quelli di “Tropicana”). Anche l’arrangiamento è decisamente più intrigante e diverso rispetto ai polpettoni sentiti finora: tutti con aperture orchestrali e un gran crescendo di archi. Ascoltate solo il sapiente uso (trattenuto) dei fiati di “semplicità” per capire la differenza tra una canzone ruffiana e una bella canzone easy-pop.
E questa è proprio la canzone di cui, come ha scritto Paolo Giordano (“La solitudine dei numeri primi”) nel testo recitato da Haber, il festival ha bisogno. Una canzone che ti faccia sognare, che ti faccia per un momento mettere da parte i pensieri sulla crisi, sulle difficoltà, sulla mediocrità e ti regali 3 minuti di irresistibile piacevolezza. Proprio come un cioccolatino Lindor!

3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Io l'ho ascoltata per la prima volta stasera e sono rimasta con il sorriso sulle labbra fin dall'inizio!!!mi ha coinvolto subito,sia lei come persona, che la canzone...troppo carina...mi sa che me la scarico!!!

12:22 AM

 
Anonymous Anonimo said...

io me la son presa su itunes, 99c per il welfare di arisa!!

10:55 AM

 
Anonymous Anonimo said...

Ho avuto la stessa impressione, CornflakesBoy, stile Gruppo Italiano, forse più che Tropicana Anni Ruggenti (Anni ruggenti nei Tropici e cuori infranti per souvenir mille ippopotami cantano baciami ma io non credo all'amor...), un ottimo arrangiamento, anche la voce decisamente adatta, limpida e senza sbavature né virtuosismi... poi sarà che bastava guardarla per essere di buon umore (forse perchè ricordava la Signorina Carlo di Anna Marchesini)...

9:32 AM

 

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