Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

giovedì, agosto 31


Quest’estate ho scoperto uno scrittore che sicuramente farà molto parlare di se in futuro: Richard Mason. E’ giovanissimo, nato in sud-africa e trapiantato nella Londra radical-chic, ha dato vita ad una fondazione con il nome della sorella morta per finanziare gli studi a ragazzi africani in difficoltà. La macchina mondiale della promozione e dell p.r. lo “vende” puntando molto sulla sua bellezza da attore holliwoodiano, un po’ come successe al nostro Andrea de Carlo. Ma credetemi: scrive benissimo.
Ho cominciato con il suo primo romanzo, scritto quando aveva soli 19 anni, “Anime alla Deriva” e ora stò leggendo la sua seconda opera: “Noi” che non stà assolutamente deludendo le aspettative, anzi!

“Anime alla deriva” inizia con il sole sta tramontando su un mare in tempesta, e James Farrell lo osserva da una finestra di Seton Castle, la residenza in Cornovaglia che, per più di quarant'anni, ha condiviso con sua moglie Sarah. Ma Sarah è morta, ed è stato James ad ucciderla, appena ventiquattr'ore prima. Perché? Perché un uomo pacifico ha ucciso la sua compagna, dopo mezzo secolo di felice convivenza? Le risposte non sono facili da affrontare, ma James sa di doverlo fare, e sa che, per farlo, deve ricostruire il proprio passato: deve tornare all'epoca in cui, rampollo dell'alta società londinese, aveva conosciuto Ella, la cugina di Sarah, e l'aveva amata appassionatamente, contro tutti e contro tutto...

L’intreccio della storia ci porterà a capire che esistono determinate qualità che ci rendono tutti esseri umani, a prescindere dalle nostre origini, perché tutti abbiamo codici comportamentali e regole sia che siamo cresciuti in un quartiere popolare che in un castello, sia gay che etero, sia maschi che femmine. Tutti si innamorano, tutti si "disinnamorano", tutti possono essere a turno gentili o malefici.
La colonna sonora perfetta mentre si legge questo libro potrebbe essere “Everybody hurts” dei REM: “Tutti piangono.e tutti soffrono a volte”.

Voto: 5 stelline (su cinque)

mercoledì, agosto 30


Sono arrivato a Lisbona verso le 9 di sera, con un sole ancora alto. Ho preso un taxi e dalla radio mi cullavano le note della canzone “King of Pain” dei Police, cantata da Alanis Morisette. “Sono stato già qui in piedi nella pioggia che scende , Con il mondo che gira in cerchi che mi corrono per la testa. Immagino di aver sempre pensato che tu potessi mettere fine a questo regno. Ma è il mio destino essere il re del dolore. Sarò sempre il re del dolore” Guardano fuori dal finestrino si notano le case basse e abbastanza signorili della periferia ricca, e io mi godo questa canzone che incarna così bene le mie aspettative su questo viaggio. Catturare il famoso spirito malinconico che ha reso famosa questa città.

Mi faccio portare alla pensione che il mio amico Paolo aveva prenotato, catturato dalla descrizione della Lonely Planet che ne decantava le lodi partendo dal fatto che ci fossero “strepitose tende in falpalà”. La stanza è pulita e decorosa. Non c’è bagno in camera, ma in un angolo c’è un lavello senza tubature. Sotto ci sono 2 secchi: uno con l’acqua e l’altro per raccoglierla. Anche questo mi piace!

Dopo una giornata estenuante di viaggio, trasporto bagagli, pasti non consumati, ecco finalmente poter fare due passi senza doversi trascinare dietro borse o pesi. A Lisbona fa buio più tardi e nonostante siano già le dieci passate, c’è ancora luce. Da solo, senza ancora una cartina e un po’ intimorito, finisco da McDonald. Nel momento stesso in cui mi siedo e realizzo dove sono mi dico che sono proprio un “turista e non un viaggiatore”. Questa frase mi fa sorridere e mi fa tornare alla mente la vacanza dello scorso anno. Penso a Paolo che all’ultimo, per assistere il padre in ospedale, non è potuto partire. So che mi mancherà molto, ma il solo pensiero della sua energia e della sua carica positiva mi bastano per ricaricarmi.

E così comincia la mia vacanza. Non vi farò un dettagliato resoconto di quello che ho visto o ho fatto, (altrimenti poi come le riempio le serate e le cene di Settembre). Vi dirò solo alcune sensazioni e ricordi ormai indelebili di quella che mi sento di dire è la città più bella che abbia visto.

Prima di ogni cosa, parlando di Lisbona, c'è da premettere che, da qualunque parte devi andare, c'è una salita che ti aspetta. E, inevitabilmente, al ritorno, per fortuna, c'è la discesa.
La mia pensione è in una zona bellissima: ai piedi del Barrio Alto (la zona dei divertimenti serali), di fronte alla Chiesa di San Rocco (la chiesa più sfarzosa di Lisbona coperta di lapislazzuli e altre pietre preziose) e a due passi da Piazza Principe Real. Questa piazza, come suggeriva la guida, è il cuore gay della città ed è meravigliosa. Immaginate: da un lato una fontana e vicino l'enorme Cedro i cui rami devono poggiasi su una struttura di ferro per non cadere. Ci ho pranzato spesso, ci andavo nel pomeriggio a leggere, mi davo appuntamento con i mie nuovi amici. Per me sarà uno dei ricordi più vivi di questa vacanza.

Poco lontano c’è il più grande giardino botanico d’Europa. Entrando ci sono subito due serre con le piante carnivore che non fanno assolutamente presagire la vastità e la varietà di vegetazione contenuta tra i suoi viali e vialetti. Ogni pianta, o quasi, ha il suo cartellino con il nome scientifico in latino, quello volgare e la provenienza. Si intercalano esclamazioni di meraviglia a quelle di soddisfazione, per finire con una sorta di estenuazione quando si capisce che il girovagare potrebbe durare ben oltre le due ore che sono il minimo indispensabile per dare un'occhiata, seppur frettolosa, a tutto. Si esce da questo luogo colmi di gratitudine per chi è riuscito a mettere insieme tanti esemplari floreali per farcene godere.

Credo che il posto che mi ha entusiasmato di più sia stato il Monastero dei Geronimi. Capolavoro dell’arte manuelina. Bello in ogni dove. All'esterno si erge magnifico e quasi consapevole di sé. Un succedersi di guglie e finestre bianche. L'entrata principale addobbata a figure, merletti e decori di pietra. L'interno in cui troneggiano le colonne e le nervature delle volte. Stiamo qui in pieno trionfo gotico. Ma non solo. Al gotico si è unito un che di dolce e rotondo che, invece di mitigare l'ardore verso l'Assoluto, lo esalta. Qui è tutto un osannare il divino e un gridare che l'umano ne è diretta conseguenza. L’ordine dei Geronimi aveva come missione quella di dare conforto ai marinai che arrivavano in Portogallo dopo mesi di mare aperto. E in tutta la chiesa ci sono solo un paio di rappresentazioni “femminili”, per il resto è tutto una celebrazione del corpo maschile. Fra questi luoghi più che meditazione e preghiere, ci si immagina ben altro! Almeno per una mente malata come la mia.

Fantastici anche il “Museo di arte Antica” e la Fondazione Gubelkian con una collezione fantastica che va dall’arte egizia ai pittori impressionisti. La domenica è pure gratis!

Altro ricordo piacevolissimo saranno i miradouros. Si tratta di terrazzini fatti apposta per godersi il panorama, “belvedere” che si affacciano sulla città con prospettive sempre diverse. In città l'architettura è spettacolare, varia, irregolare, elegante e ridondante. I miradouros sono luoghi vivi, dove si concentrano una serie di attività relazionali, di cui, spesso, le parti nuove del tessuto urbano accusano la perdita: sono punto di incontro di bambini che si trovano per giocare, di uomini anziani che si sfidano in animose partite a carte; sono arredati con tavolini, panchine, spesso con chioschi che fungono da bar. Il fascino di Lisbona, probabilmente, è racchiuso proprio nella sua varietà e vivacità culturale, nell'unione di passato e presente, povertà e sfarzo, eccentricità e orgoglio, in un affascinante groviglio di contraddizioni.

E poi sono arrivato a Lisbona dopo aver fatto quel primo passo per conoscere il tipo della palestra. Ci siamo massaggiati prima di partire per le rispettive vacanze. In parte sono positivamente sorpreso per il fatto che qualcuno sia riuscita a colpirmi, a smuovermi e a farmi mettere in gioco. Sono arrivato a Lisbona cotto come un quindicenne. Nella fase adolescenziale vi è una tendenza ad idealizzare l’istinto, che si traduce in una intensa vita immaginativa, volta a soddisfare il bisogno di amare e di essere amati, sublimando e difendendosi dalle esigenze della sessualità. E infatti mi sono perso nelle mie aspettative, e nessun altro “corpo” è riuscito a distrarmi. Come me la sono goduta! Ho lasciato passare il tempo, aspettando il mio Godot. Come Godot rappresentava una speranza, una sicurezza, un enigma, una soluzione, una svolta positiva o un qualcuno su cui si ripone l'ultimo filo di speranza. Pessoa scriveva: "Non l’amore, ma i suoi dintorni valgono la pena. La sublimazione dell’amore illumina i suoi fenomeni con maggiore chiarezza della stessa esperienza. Ci sono verginità di grande comprensione. Agire compensa ma confonde. Possedere significa essere posseduto e dunque perdersi. Soltanto l’idea raggiunge, senza sciuparsi, la conoscenza della realtà". Ecco queste parole spiegano quanto mi abbia fatto bene quel continuo pensare al mio soggetto amoroso. Ho amato questo mio perdermi a pensarlo e ripensarlo, come sa ben fare una certa razza di amanti. La razza di chi, per dirla tutta, si sente sempre in debito con la vita e dell’amore sa anche gustare la mancata corrispondenza dei sensi. Ho vissuto questi 15 giorni come un gatto in amore. Gatto per cui l’amore è come una perenne ferita da leccare. Lui dovrebbe tornare venerdì. Vi terrò aggiornati!

Chiudo questo reportage da Lisbona con un passo di Pessoa: “Per viaggiare basta esistere. Se immagino, vedo. È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo”.

mercoledì, agosto 9

Domani mattina parto per le vacanze a Lisbona. Tornerò a scrivere questo blog solo a fine agosto.
Però Vi lascio con il fiato sospeso per una pazzia che ho fatto.
In palestra c’è un tipo che mi piace. Si tratta di attrazione fisica, certo. Però me lo sogno di notte!
Per chi ha più di trentenni si ricorderà il fornaio dei vecchissimi spot dei TEGOLINI del mulino bianco. Era innamorato della sua Clementina e dopo ogni incontro andato a vuoto si riprometteva che, la volta successiva, sarebbe stato molto più audace e avrebbe rilevato il suo amore.
Io con il mio bello della palestra sono più o meno lo stesso. In palestra l’unica cosa che riesco a fare è guardarlo in cagnesco. Punto!
Lo scorso venerdì , dopo la mia ultima serata in palestra prima delle vacanze, ho passato tutta la sera ripetendo a me stesso che a Settembre lo avrei affrontato e gli avrei parlato.
Il giorno dopo parto per Roma per il concerto di Madonna. La sera i miei amici romani mi accompagnano al Gay Village e, ad un certo punto della serata, i nostri sguardi si incontrano. Lui sorride e io…. Lo guardo in cagnesco! Ma si può essere più stupidi. Lunedì sera stavo tornando da Roma quando un sms di un amico mi informa che il marcantonio in questione è in palestra. Mi precipito e appena lo vedo lo saluto! Che soddisfazione!
Haimè lui era sempre in compagnia del suo personal trainer e quindi non ho potuto interagire, s enon mandandogli languide occhiate! Lui stava raccontando al suo personal trainer del concerto di Madonna e l’altro risponde che il concerto più bello sentito quest’anno è stato quello dei sigur ros! (non sono più i personal trainer di un avolta: tutti muscoli e poco cervello).
Il mio bello non li conosceva.
Ebbene la sera stessa ho appiccicato al parabrezza della sua macchina un cd dei sigur ros con un biglietto che diceva: “Ci sono cose nella vita che non si possono non conoscere. Cominciamo dai sigur ros. PS1:non sono il personal trainer. PS2: te lo avrei dato in palestra domani ma parto per le vacanze”. E gli ho lasciato il mio numero di telefono.
La mattina dopo ci siamo scambiati questi sms:
“Ciao. Sono molto sorpreso per quello che stamattina ho trovato sul mio parabrezza..e anche curioso di saperechi può avermelo lasciato… anche se qualche idea l’ho!Piaciuto il concerto a Roma? Dove vai di bello in ferie?”
“meglio un cd che una multa, no? Sono un aspirante babbo natale. Sono all’esame “fai un regalo ad uno sconosciuto”. Sono quello rasato e che non sorride mai. Vado in Portogallo.”
“Avevo immaginato bene allora! Ma non eri anche a Roma? O li mi sono sbagliato? Fai buone ferie…c is i vede a settembre”
“Il fatto che io fossi a Roma, sappia che macchina hai e dove parcheggio non vuol dire che io ti segua! Tranquillo! Buone ferie anche a te”

E adesso? Vi chiedo commenti! Mi sono reso ridicolo? Ho fatto una ragazzata? Cosa faccio quando ci rivediamo a Settembre?
Buone vacanze a tutti e aiutatemi a capire!!!!!!

martedì, agosto 8


Domenica ero uno dei 70 mila che allo stadio Olimpico ha assistito all’unica data italiana del tour “Confession tour” di Madonna.
Che dire? Lo spettacolo è stato senza dubbio il pubblico. Nella 7 ore passate in fila, il circo dei fan di Madonna non si è risparmiato e ha dato il meglio di se. La fetta più grossa è senza dubbio quella formata dalla comunità omosessuale che vive l’evento con un trasporto e un’attesa che manco se fossimo stati invasi dai visitors sarebbe stata così totale. Il sentimento che questa donna è riuscita a creare tra se e il suo pubblico gay ha del mistico, dell’inspiegabile e, come tutte le religioni, non si troverà mai un vero perché alla cosa, ma ci dobbiamo limitare a “crederci”. Dopo il concerto intorno allo stadio qualcuno urlava “Abemus Papa” o “Santa subito”!
Moltissimi i transessuali, che forse vedono in lei il loro punto di arrivo verso una femminilità completa che sa nascere anche da un corpo ipermuscoloso (e vi assicuro che ce l’ha), e da un carattere maschile per determinazione e durezza.
Tante le famiglie, o comunque parenti di diverse generazioni: zie e nipoti, genitori e figli etc La signora alla fine è da 25 anni che zompetta e forse il rivisitare l’iconografia della musica disco anni 70, serve anche a mettere d’accordo un target di pubblico che ormai si fa sempre più esteso.

Lo show è spettacolare, ma… infondo non mi ha convinto. Che la signora non abbia una gran voce lo si sapeva e non ci si aspettava che con gli acuti facesse aprire i cancelli elettrici della zona. Ma qualcosa non torna.
Per dirla tutta la sensazione è come se al ballo con il principe ci fosse una delle sorellastre e non cenerentola. Insomma i balletti equestri e la musica disco anni ’70 li avevano già proposti i Goldfrapp, i bollettini e il look originali sono d’accordo a dire che si è ispirata ad Amanda Lear. Insomma, non è la più brava, non è la più bella, scopiazza in giro ma è lei l’unica vera regina del pop. Sono i tempi moderni. Sono morte le Lady D e adesso ci sono le meno simpatiche, le meno opportune, le meno riuscite Camilla!
Con questo non voglio dire che non si meriti il successo che ha, solo che forse è un po’ troppo per quello che poi alla fine propone.
Ero sotto al palco e vi assicuro che all’inizio quando Madonna si materializza all’interno di una mirrol ball è stato emozionante. Soprattutto la sua espressione, il sorriso, la gioia e la soddisfazione di avere uno stadio piano davanti. Il siparietto equestre la vede vestita da cavallerizza con stivali e frustino. Cavalca e doma i ballerini-cavallo muniti di morso, briglie e paraocchi. Le coreografie sono da un misto tra una seduta di fitness e il sadomaso. Sarà che entrambe sono discipline olimpiche per Madonna ma l’effetto è entusiasmante, visivamente molto potente e suggestivo. Certo, le sagome dei due cavalli ai lati del palco risultano un po’ inutili e ricordano un po’ un distributore di benzina.
“future lovers” mixata con “I feel love” di Donna Summer è un inizio travolgente. Molto indovinata l’idea di far passare sui mega schermi le lastre a raggi X delle sua ossa rotte lo scorso agosto, proprio per una caduta da cavallo. Rende tutto molto simbolico.
“Get Together” e “Like a Virgin” e l’ottima chiusura con “Jump” chiudono il quadretto. E’ il blocco centrale a convincermi meno, la parte “politica”. L’uso della croce in “Live to Tell” lo trovo inutile. Se sei cattolico (come Madonna spesso si è definita) per coerenza non dovresti usare “alla leggera” certi simboli. Se segui altre religioni o filosofie (come Madonna spesso si è definita) dovresti ispirarti alle tue credenze e ai tuoi simboli. Se non credi in nessuna religione (come me e come Madonna spesso si è definita), allora usare simboli che riconosci come sacri per altri diventa superfluo, dare importanza a quello che per te non la ha. Stessa cosa vale per la ragazz con il burqua dentro la gabbia, ceh solo alla fine troverà al salvezza. Stessa cosa con i due ballerini che sulla pancia ripropongono i simboli israeliani e palestinesi, e che alla fine si avvinghiano in un balletto omoerotico. Insomma qualunquismo allo stato puro. Quando vuoi dire tutto e il contrario di tutto. Che palle! L’effetto è più o meno quello che si avrebbe se Condolisa Rice facesse un discorso all’ONU facendo un rap chiamando i palestinesi GANGASTA, gli israeliani BUM BUM BOY, e gli americani MI FAMIGHIA! Dai suuuuu…
E infatti il concerto ritorna ad essere più che piacevole sul finale quanto si trasforma in una grande discoteca e con un mix di “Disco Inferno” e “Music” si da il via ad una festa che libera molte più energie positiva e soddisfazione che non i vuoti messaggi sulla pace!
Una volta ha detto “ se il mio talento fosse pari alla mia ambizione sarei un mostro”. Alla fine lo è diventata, e secondo me con la giusta e paritetica dose di ambizione e talento!

mercoledì, agosto 2


Come le ragazzine comprano il cd di Lee Ryan solo perché lo trovano figo ( e spero sia per questo), anch’io la settimana scorsa ho comprato un cd solo perché attratto dal cantante di un gruppo: “The magic numbers”.
Avevo visto il video di “Love is a game” su MTV l’anno scorso e il pezzo mi era entrato subito in testa, lo canticchiavo continuamente, mi aspettavo di sentirlo in radio e in tv. Insomma un tormentone. Ma siccome io sono snob, non potevo comprare un cd partendo da un pezzo così mainstream, così sfacciatamente riuscito da diventare un jigle! E poi c’era lui: una voce dolcissima ma autorevole…non so se mi spiego! Maschio ma vulnerabile. Deciso ma tormentato. Un mix di emozioni dentro un corpo e un musetto da manuale: un vero figo.
La scorsa settimana da Ricordi mi trovo in super offerta il loro omonimo disco d’esordio e lo compro, convinto di godermi più il booklet che non la musica. Ebbene: sbagliavo, si tratta di un gran disco! Arrivo in ritardo ma questo cd dovrebbe essere inserito tra i 10 the best del 2005.

La band è una sorta di nuovi Abba anni 2000: due maschietti e due ragazze, coppie di fratelli tra l’altro. Romeo “il figo” (voce solista e testi, chitarra, piano e banjo) e Michele Stodart (basso, tastiere, cori), nati a Trinidad ma cresciuti a New York; Sean (batteria) e Angela Gannon (voce, melodica) che arrivano dalla più anonima Acton, Massachussets.

A vederli sembrano essere il manifesto della “rivincita dei nerds”: grassottelli, un po’ sfigati e “arrangiati” nel look e nel trucco&parruco, timidi e impacciati negli atteggiamenti. E poi il fatto di essere accompagnati dai rispettivi fratelli e sorelle li rende così assolutamente autentici e anti-rock che è tutto un programma.

Il disco mi stà entusiasmando. E non è uno dei miei soliti dischi tristi e malinconici. Che sia l’estate o il (segreto) innamoramento per il cantante ma mi sto appassionando a queste composizioni fatte di controcori giocosi daaa diii da daaa, battiti di mani stile gita scolastica, chitarre elettriche retrò, un gusto folk semplice e smaliziato.
Il sound va a scomodare, rendendone omaggio, una serie di grandi nomi (Jhon Lennon, Burt Bacarach, Prefab Sprout, Mamas and Papas, Beach Boys ), ma nonostante sia evidente questa maniacale e manieristica continua ricerca alla citazione non è mai pesante o sgradevole. E inoltre non sono cloni, sia chiaro! Hanno una loro forte personalità, soprattutto nel timbro delle voci! Melodie pure che stregano, atmosfere e temi lontani dalla musica giovane e di moda . Romeo Stodart, il leader del gruppo, è un talento del pop inglese che non si cura del passare del tempo e crede che la musica per durare deve rispecchiare il meno possibile i suoi anni. Un disco impregnato di ottimismo, delicata poesia e grandi emozioni. Musica di facile ascolto ma non stupida, arte pop senza tempo.

Candidati ai Brit Awards 2006 con una nomination come Gruppo Rivelazione dell'Anno (nel 2005, giudicati dalla rivista Mojo "Miglior Band dell'Anno" e una nomination per loro al Mercury Music Prize). Insomma bisogna tenere gli occhi puntati su di loro … e per me non sarà difficile!

E a quanti di voi stanno già pensando di scrivermi dicendomi che Romeo è grasso…bhè state attenti. Il presentatore inglese di Top Of The Pops; il povero Richard Bacon, ignaro della loro suscettibilità, ha presentato il gruppo utilizzando la parola ‘grasso' all'interno della sua descrizione. Il gruppo ha immediatamente posato gli strumenti e lasciato il palco dirigendosi, senza alcuna spiegazione, verso i camerini nei quali si sono barricati. Poco dopo hanno pubblicato un comunicato sul loro sito che recita: “Vogliamo scusarci con tutti coloro che sono rimasti delusi dalla nostra non esibizione al TOTP di domenica. (Credeteci, anche noi siamo molto delusi). A causa di alcuni umilianti e spiacevoli commenti pronunciati dal presentatore durante l'introduzione, ci siamo sentiti in dovere di alzarci e andare via. Era un giorno importante per noi e sarebbe dovuto essere molto speciale”.

QUI potete scaricare alcuni pezzi tra cui "the mule" che inizia con alcune fantastiche domande: "Quante volte mi devi chiamre la mattina prima che mi svegli? E quante volte dovrò guardare le altre ragazze prima che mi molli? E quante altre volte dovrai sempre criticare quello che fai?"