E’ bastata una foto e l’annuncio del titolo del nuovo disco di Tori Amos: “American Doll Posse”, ovvero “la combricola della bambola americana”. In tutto il mondo si è scatenato il delirio su internet. Certo Tori Amos è una delle artiste che ha un seguito fortissimo sul web e un numero spropositato di siti e forum a lei dedicati. Addirittura anni fa si fece sponsorizzare un tour da Napster, mentre altri si incazzavano per i mancati introiti derivati dal download. Ma non è solo un fatto di numeri. E’ il potere di quella foto che ha scatenato il putiferio. Negli ultimi anni Tori Amos aveva prodotto dei lavori musicalmente meno aggressivi e, pur affrontando temi decisamente poco commerciali (il femmineo nella religione, i vangeli gnostici, il terrorismo, la politica americana etc), aveva preferito uno stile più moderato e discreto. Fino ad arrivare al stucchevole concept dell’ultimo lavoro “The Beekeeper” con fiorellini, farfalline e colori pastello.
Adesso si torno alla potenza e alla forza. Tori Amos è in una posizione messianica, che guarda senza abbassare lo sguardo un cielo nuvoloso che sempre quasi apocalittico. Sulla mano destra tiene la Sacra Bibbia, nella mano sinistra la scritta “Shame”, ovvero “vergogna”. Dalle gambe le cola del sangue mestruale.
Insomma, visto che Tori Amos è sempre stata attentissima agli archetipi visivi dei suoi lavori, si direbbe essere tornata ad affrontare temi più personali e con un taglio più aggressivo e diretto. Cosa suggerisce questa foto?
Il cuculo è un uccello che depone le proprie uova abusivamente nel nido di altri.
Non solo. Dopo la sua nascita, perfettamente mimetizzato, il piccolo cuculo mette in atto un’efficace strategia di “eliminazione del compagno”, fino a conquistarsi l’esclusiva attenzione dei nuovi genitori.
La tradizione ostile alla figura femminile si è insediata nella Chiesa Cattolica nello stesso modo. Per numerosi secoli, sul modello di Maria sacerdotessa, le donne avevano servito nei diversi ministeri, incluso il diaconato sacramentale. Con l’adozione del diritto romano e la trasformazione del cristianesimo in una religione dell’impero, s’interrompe una radicata tradizione e si lascia insediare il cuculo del pregiudizio anti-femminile nel nido della Chiesa.
La storia insegna come, lungo un periodo di circa 20.000 anni, l’immagine della divinità sia gradualmente cambiata da dea a dio, e di come il dio abbia finito per essere identificato con lo spirito e con la mente e la dea con la natura, la materia e il corpo (ecco il significato del sangue tra le gambe). Per circa 18.000 anni l’immagine della dea come Grande Madre ha dominato lontanissime ere: il Paleolitico (40.000-10.000 a.C.), il Neolitico (10.000-3.500 a.C.) e la grande civiltà dell’Età del Bronzo (all’incirca 3.000-1.500 a.C.). Era vista come l’utero della vita, la sua grande tela, il suo ritmico pulsare: la vita dell’Uno era la vita del Tutto; luna, sole, stelle, piante, alberi, animali, esseri umani erano tutti suoi figli. Essa riuniva in sé le tre dimensioni di cielo, terra ed inferi. La sessualità ne è espressione primaria: un impulso sacro, estatico, riflettente l’impulso creativo della vita stessa a rinnovarsi eternamente.
Circa 2000 anni a.C. avviene un cambiamento tremendo, devastante, come un fulmine a ciel sereno. Il Medio Oriente e il Mediterraneo orientale sono gettati in subbuglio: invasori recanti divinità maschili - “un popolo il cui assalto fu come un uragano” – irruppero nelle valli fluviali dove la dea era venerata da migliaia di anni, e portarono con sé il cavallo e il carro da guerra. Guerra e conquista divengono il tema di una nuova e terrificante età, dappertutto regnano paura e massacro, alte grida di terrore e angoscia, mentre la gente viene uccisa, resa schiava, esiliata dalle proprie case.
In questo nuovo atto del dramma del nostro viaggio evolutivo, la Grande Madre si sposta dietro le quinte, e il Grande Padre avanza al centro della scena. In Grecia le dee (Atena, Artemide, Afrodite, Persefone), che un tempo rappresentavano aspetti dei poteri della Grande Madre, ora divengono figlie di Zeus (tutte eccetto Demetra e Gaia, che conservano lo status dell’antica Grande Madre). Nella cultura ebraica il Grande Padre rimpiazza la Grande Madre come creatore della vita. La storia della feroce battaglia tra i fautori delle due mitologie è raccontata nel Vecchio Testamento. Tutte le immagini e i riferimenti alla dea vennero distrutti. La lingua ebraica ancora oggi non possiede parole per esprimere il concetto di “dea”.
La mente diviene di importanza suprema: la mente, che sta al di sopra della natura e viene identificata col Dio Padre; la mente, che sta divenendo sempre più capace di influenzare e controllare l’ambiente attraverso le idee e le invenzioni tecnologiche. Psicologicamente, questa nuova fase è incentrata sulla costruzione di un ego forte, focalizzato.
Gli uomini sono i portatori primari di questa nuova consapevolezza, mentre le donne rimangono più vicine alla vecchia visione. Le concezioni patriarcali guadagnano terreno, e tutto quanto ha a che vedere col valore Femminile viene represso, deprezzato. Il ruolo delle donne come portatrici di vita viene svalutato in confronto al ruolo maschile di conquista, ordinamento e controllo della vita; le donne divengono parte di ciò che è controllato dagli uomini. D’ora in avanti, con poche eccezioni, il loro contributo al progresso sarà scritto al di fuori della storia della civiltà occidentale, e questa situazione ha cominciato a cambiare solo nel nostro secolo.
La storia di questa fase comincia con i miti che parlano della separazione della Terra dal Cielo E’ l’inizio di una percezione completamente nuova della vita, in cui la natura diviene qualcosa da controllare e manipolare da parte dell’ingegno umano.
L’invenzione della scrittura fu uno spartiacque tra il vecchio modo di vivere ed uno nuovo, durante il corso del quale l’antica coscienza partecipativa iniziò a svanire e cominciammo a sperimentarci come separati dalla natura. Cominciammo lentamente ad identificarci con un dio eroe che uccide un drago, immagine tanto frequente nelle leggende dell’epoca. Ovunque la scrittura mise radici seguirono la conquista, il dominio, la schiavitù e l’organizzazione gerarchica della società. L’abilità di scrittura fu sviluppata dagli scribi e dalle classi sacerdotali e fu confinata al 2% circa della popolazione. E alle donne non veniva insegnato a leggere e a scrivere. Per 5000 anni, egli afferma, “La mano che ha tenuto la penna ha tenuto anche la spada”. Prima dell’invenzione della scrittura, saggezza e verità venivano trasmesse oralmente, mentre adesso saggezza e verità erano considerate risiedere nella parola scritta, la parola di Dio. La nostra attuale crisi ecologica può essere interpretata come conseguenza di un mutamento di coscienza a lungo dimenticato, che all’incirca 5000 anni fa segnò la transizione dall’età del Bronzo e quella del Ferro.
L’immagine maschile della divinità suprema rafforzò enormemente gli uomini, portatori primari di questa nuova consapevolezza. Le donne restarono più vicine alla vecchia visione, più vicine alla coscienza partecipativa e al rapporto con la natura. Considerate inferiori, furono retrocesse socialmente, di fatto schiavizzate, divenendo proprietà dei mariti. L’ebraismo e il cristianesimo bandirono sacerdotesse e dee.
Con la comparsa di questo mito, la guerra e la violenza divennero endemiche, simultaneamente in luoghi diversi ci fu una crescita del desiderio di potere che accompagnò il nascere di capi guerrieri. Ci fu un cambiamento sociale e politico di massa: la migrazione verso le città e la crescita della popolazione; la nascita delle città stato, del controllo centralizzato e delle burocrazie; la trasformazione dei contadini in servi; la riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra e la pulizia etnica delle popolazioni conquistate. Il ruolo del guerriero venne esaltato a modello supremo per gli uomini, e quelli che non potevano o non volevano vivere questo ruolo devono aver sofferto terribili vergogne e umiliazioni. Questo processo, iniziato nel terzo millennio a.C si conclude con Hiroshima, col Vietnam e con le orrende armi nucleari e biologiche della guerra moderna. I media diffondono ancora il tema della conquista (la conquista dello spazio, della malattia, ecc.). I politici usano ancora inconsciamente il linguaggio e l’imagerie arcaici dello scontro e della conquista. Tutto ciò è divenuto intrinseco alla psicologia maschile (l’evangelizzazione cristiana come conquista).
Per fortuna nel corso dell’ultimo secolo è cresciuta la consapevolezza degli individui e la messa in discussione di archetipi, miti, atteggiamenti, modalità di pensiero e pregiudizi che ci arrivano dal passato. Ecco che a differenza delle ideologie che si erano incancrenite nel corso dei secoli si stà facendo spazio una mentalità alternativa: il ristabilimento dell’aspetto femminile di Dio; una nuova consapevolezza dell’anima; la risacralizzazione della natura (“tutto ciò che vive è sacro”), la rivalutazione delle donne; e, infine, un mutato atteggiamento verso la materia e il corpo fisico.
L’integrazione di questo aspetto più “femminile” con quello più “maschile” è alla base di tutti i conflitti sociali che tutti i giorni trovano spazio sui giornali. Il crollo delle convinzioni, la disintegrazione delle istituzioni gerarchiche della chiesa e dello stato (Es: il fenomeno dei no-global), lo scardinamento del rapporto tradizionale tra donne e uomini (es: la polemica sui pacs e sulla famiglia tradizionale), il mutamento delle idee su Dio (Es: il fenomeno della new age), sulla natura (Es: la polemica sul trattato di Kyoto) e sulla nostra natura umana (Es. le polemiche sull’eutanasia e sulle cellule staminali).
Ecco che nell’immagine si manifesta questo senso di vergogna per se stessi, inculcato a forza da secoli e secoli. Il fatto di farsi donna attraverso le mestruazioni ha rappresentato da sempre l’affermazione di una inferiorità, invece di rappresentare il lieto evento della maturazione sessuale. Ma non pensiamo solo a credenze antiche. Gli archetipi lavorano anche oggi ed ecco quelle stupide pubblicità dove ragazze cercano di negarla e nasconderla e fanno energiche attività fisiche durante le mestruazioni (come buttarsi dall’aereoplano). Non è anche questo un esempio di come ancora nella nostra cultura si cerchi di trasformare l’immagine da dea a dio.
Ma non è una questione che riguarda solo le donne, ma tutto ciò che riguarda “il diverso”. Pensiamo, ad esempio, all’omosessualità. Oppure al senso di vergogna che per secoli ha caratterizzato la masturbazione.
Insomma partendo dall’immagine di copertina e dalla passata produzione di Tori Amos, ci si aspetta grandi cose da questo nuovo disco che uscirà il 1° Maggio.
Inoltre proprio dall’Italia avrà il via un nuovo tour mondiale:
28 Maggio – Roma – Teatro Sistina
30 Maggio – Firenze – Teatro Verdi
31 Maggio – Milano – Teatro Smeraldo
Adesso si torno alla potenza e alla forza. Tori Amos è in una posizione messianica, che guarda senza abbassare lo sguardo un cielo nuvoloso che sempre quasi apocalittico. Sulla mano destra tiene la Sacra Bibbia, nella mano sinistra la scritta “Shame”, ovvero “vergogna”. Dalle gambe le cola del sangue mestruale.
Insomma, visto che Tori Amos è sempre stata attentissima agli archetipi visivi dei suoi lavori, si direbbe essere tornata ad affrontare temi più personali e con un taglio più aggressivo e diretto. Cosa suggerisce questa foto?
Il cuculo è un uccello che depone le proprie uova abusivamente nel nido di altri.
Non solo. Dopo la sua nascita, perfettamente mimetizzato, il piccolo cuculo mette in atto un’efficace strategia di “eliminazione del compagno”, fino a conquistarsi l’esclusiva attenzione dei nuovi genitori.
La tradizione ostile alla figura femminile si è insediata nella Chiesa Cattolica nello stesso modo. Per numerosi secoli, sul modello di Maria sacerdotessa, le donne avevano servito nei diversi ministeri, incluso il diaconato sacramentale. Con l’adozione del diritto romano e la trasformazione del cristianesimo in una religione dell’impero, s’interrompe una radicata tradizione e si lascia insediare il cuculo del pregiudizio anti-femminile nel nido della Chiesa.
La storia insegna come, lungo un periodo di circa 20.000 anni, l’immagine della divinità sia gradualmente cambiata da dea a dio, e di come il dio abbia finito per essere identificato con lo spirito e con la mente e la dea con la natura, la materia e il corpo (ecco il significato del sangue tra le gambe). Per circa 18.000 anni l’immagine della dea come Grande Madre ha dominato lontanissime ere: il Paleolitico (40.000-10.000 a.C.), il Neolitico (10.000-3.500 a.C.) e la grande civiltà dell’Età del Bronzo (all’incirca 3.000-1.500 a.C.). Era vista come l’utero della vita, la sua grande tela, il suo ritmico pulsare: la vita dell’Uno era la vita del Tutto; luna, sole, stelle, piante, alberi, animali, esseri umani erano tutti suoi figli. Essa riuniva in sé le tre dimensioni di cielo, terra ed inferi. La sessualità ne è espressione primaria: un impulso sacro, estatico, riflettente l’impulso creativo della vita stessa a rinnovarsi eternamente.
Circa 2000 anni a.C. avviene un cambiamento tremendo, devastante, come un fulmine a ciel sereno. Il Medio Oriente e il Mediterraneo orientale sono gettati in subbuglio: invasori recanti divinità maschili - “un popolo il cui assalto fu come un uragano” – irruppero nelle valli fluviali dove la dea era venerata da migliaia di anni, e portarono con sé il cavallo e il carro da guerra. Guerra e conquista divengono il tema di una nuova e terrificante età, dappertutto regnano paura e massacro, alte grida di terrore e angoscia, mentre la gente viene uccisa, resa schiava, esiliata dalle proprie case.
In questo nuovo atto del dramma del nostro viaggio evolutivo, la Grande Madre si sposta dietro le quinte, e il Grande Padre avanza al centro della scena. In Grecia le dee (Atena, Artemide, Afrodite, Persefone), che un tempo rappresentavano aspetti dei poteri della Grande Madre, ora divengono figlie di Zeus (tutte eccetto Demetra e Gaia, che conservano lo status dell’antica Grande Madre). Nella cultura ebraica il Grande Padre rimpiazza la Grande Madre come creatore della vita. La storia della feroce battaglia tra i fautori delle due mitologie è raccontata nel Vecchio Testamento. Tutte le immagini e i riferimenti alla dea vennero distrutti. La lingua ebraica ancora oggi non possiede parole per esprimere il concetto di “dea”.
La mente diviene di importanza suprema: la mente, che sta al di sopra della natura e viene identificata col Dio Padre; la mente, che sta divenendo sempre più capace di influenzare e controllare l’ambiente attraverso le idee e le invenzioni tecnologiche. Psicologicamente, questa nuova fase è incentrata sulla costruzione di un ego forte, focalizzato.
Gli uomini sono i portatori primari di questa nuova consapevolezza, mentre le donne rimangono più vicine alla vecchia visione. Le concezioni patriarcali guadagnano terreno, e tutto quanto ha a che vedere col valore Femminile viene represso, deprezzato. Il ruolo delle donne come portatrici di vita viene svalutato in confronto al ruolo maschile di conquista, ordinamento e controllo della vita; le donne divengono parte di ciò che è controllato dagli uomini. D’ora in avanti, con poche eccezioni, il loro contributo al progresso sarà scritto al di fuori della storia della civiltà occidentale, e questa situazione ha cominciato a cambiare solo nel nostro secolo.
La storia di questa fase comincia con i miti che parlano della separazione della Terra dal Cielo E’ l’inizio di una percezione completamente nuova della vita, in cui la natura diviene qualcosa da controllare e manipolare da parte dell’ingegno umano.
L’invenzione della scrittura fu uno spartiacque tra il vecchio modo di vivere ed uno nuovo, durante il corso del quale l’antica coscienza partecipativa iniziò a svanire e cominciammo a sperimentarci come separati dalla natura. Cominciammo lentamente ad identificarci con un dio eroe che uccide un drago, immagine tanto frequente nelle leggende dell’epoca. Ovunque la scrittura mise radici seguirono la conquista, il dominio, la schiavitù e l’organizzazione gerarchica della società. L’abilità di scrittura fu sviluppata dagli scribi e dalle classi sacerdotali e fu confinata al 2% circa della popolazione. E alle donne non veniva insegnato a leggere e a scrivere. Per 5000 anni, egli afferma, “La mano che ha tenuto la penna ha tenuto anche la spada”. Prima dell’invenzione della scrittura, saggezza e verità venivano trasmesse oralmente, mentre adesso saggezza e verità erano considerate risiedere nella parola scritta, la parola di Dio. La nostra attuale crisi ecologica può essere interpretata come conseguenza di un mutamento di coscienza a lungo dimenticato, che all’incirca 5000 anni fa segnò la transizione dall’età del Bronzo e quella del Ferro.
L’immagine maschile della divinità suprema rafforzò enormemente gli uomini, portatori primari di questa nuova consapevolezza. Le donne restarono più vicine alla vecchia visione, più vicine alla coscienza partecipativa e al rapporto con la natura. Considerate inferiori, furono retrocesse socialmente, di fatto schiavizzate, divenendo proprietà dei mariti. L’ebraismo e il cristianesimo bandirono sacerdotesse e dee.
Con la comparsa di questo mito, la guerra e la violenza divennero endemiche, simultaneamente in luoghi diversi ci fu una crescita del desiderio di potere che accompagnò il nascere di capi guerrieri. Ci fu un cambiamento sociale e politico di massa: la migrazione verso le città e la crescita della popolazione; la nascita delle città stato, del controllo centralizzato e delle burocrazie; la trasformazione dei contadini in servi; la riduzione in schiavitù dei prigionieri di guerra e la pulizia etnica delle popolazioni conquistate. Il ruolo del guerriero venne esaltato a modello supremo per gli uomini, e quelli che non potevano o non volevano vivere questo ruolo devono aver sofferto terribili vergogne e umiliazioni. Questo processo, iniziato nel terzo millennio a.C si conclude con Hiroshima, col Vietnam e con le orrende armi nucleari e biologiche della guerra moderna. I media diffondono ancora il tema della conquista (la conquista dello spazio, della malattia, ecc.). I politici usano ancora inconsciamente il linguaggio e l’imagerie arcaici dello scontro e della conquista. Tutto ciò è divenuto intrinseco alla psicologia maschile (l’evangelizzazione cristiana come conquista).
Per fortuna nel corso dell’ultimo secolo è cresciuta la consapevolezza degli individui e la messa in discussione di archetipi, miti, atteggiamenti, modalità di pensiero e pregiudizi che ci arrivano dal passato. Ecco che a differenza delle ideologie che si erano incancrenite nel corso dei secoli si stà facendo spazio una mentalità alternativa: il ristabilimento dell’aspetto femminile di Dio; una nuova consapevolezza dell’anima; la risacralizzazione della natura (“tutto ciò che vive è sacro”), la rivalutazione delle donne; e, infine, un mutato atteggiamento verso la materia e il corpo fisico.
L’integrazione di questo aspetto più “femminile” con quello più “maschile” è alla base di tutti i conflitti sociali che tutti i giorni trovano spazio sui giornali. Il crollo delle convinzioni, la disintegrazione delle istituzioni gerarchiche della chiesa e dello stato (Es: il fenomeno dei no-global), lo scardinamento del rapporto tradizionale tra donne e uomini (es: la polemica sui pacs e sulla famiglia tradizionale), il mutamento delle idee su Dio (Es: il fenomeno della new age), sulla natura (Es: la polemica sul trattato di Kyoto) e sulla nostra natura umana (Es. le polemiche sull’eutanasia e sulle cellule staminali).
Ecco che nell’immagine si manifesta questo senso di vergogna per se stessi, inculcato a forza da secoli e secoli. Il fatto di farsi donna attraverso le mestruazioni ha rappresentato da sempre l’affermazione di una inferiorità, invece di rappresentare il lieto evento della maturazione sessuale. Ma non pensiamo solo a credenze antiche. Gli archetipi lavorano anche oggi ed ecco quelle stupide pubblicità dove ragazze cercano di negarla e nasconderla e fanno energiche attività fisiche durante le mestruazioni (come buttarsi dall’aereoplano). Non è anche questo un esempio di come ancora nella nostra cultura si cerchi di trasformare l’immagine da dea a dio.
Ma non è una questione che riguarda solo le donne, ma tutto ciò che riguarda “il diverso”. Pensiamo, ad esempio, all’omosessualità. Oppure al senso di vergogna che per secoli ha caratterizzato la masturbazione.
Insomma partendo dall’immagine di copertina e dalla passata produzione di Tori Amos, ci si aspetta grandi cose da questo nuovo disco che uscirà il 1° Maggio.
Inoltre proprio dall’Italia avrà il via un nuovo tour mondiale:
28 Maggio – Roma – Teatro Sistina
30 Maggio – Firenze – Teatro Verdi
31 Maggio – Milano – Teatro Smeraldo
1 Comments:
the beekeeper non è che a me avesse entusiasmato poi tanto e tutto il tuo discorso effettivamente non fa una piega, ma non vorrei che invece le tue aspettative andassero un pò disattese. certo da tori ci aspettiamo sempre cose grandissime (lei può!) però ultimamente credo sia un pochino appannata musicalmente. questo almeno secondo me e comunque detto questo chino il capo in attesa della tua mannaia per la lesa maestà :)
12:41 PM
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