Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

mercoledì, dicembre 7


Sono elettrizzato. Stò per fare la prima stroncatura di questo blog. Ieri sera ho visto IL GUSTO DELL’ANGURIA di Tsai Ming Liang.

La Trama: Durante una grave siccità, le autorità di Taiwan promuovono una campagna di sensibilizzazione per il risparmio dell'acqua. Questa campagna comprende l'uso del succo d'anguria per dissetarsi. Proprio questa grave carenza porta Shiang-chyi e Hsiao-Kang ad incontrarsi, forse ad innamorarsi. Hsiao-Kang è un attore porno. I due personaggi non comunicano tra di loro, ed anzi l'unica frase che Shiang-chyi rivolge a Hsiao-Kang in tutto il film è "Vendi ancora orologi?". Lui non le rivolge mai la parola. Gli unici veri dialoghi avvengono sul set dei film pornografici in cui recita Hsiao-Kang, dialoghi meccanici, privi di passione, come gli atti sessuali che vengono consumati di fronte ad una troupe completamente disinteressata alla supposta sensualità di quanto avviene a pochi centimetri da loro.

Ho cercato di trovare un senso a questa serie di scene, esteticamente ben costruite ma a volte disturbanti e alienanti. Ipotizziamo che l’acqua che manca nel film sia la metafora dell’amore. L’anguria ne rappresenta il surrogato, magari un rapporto amoroso sbagliato o insoddisfacente al quale alla fine ci si abitua. Nei film porno girati dal protagonista c’è sempre la “rappresentazione” dell’acqua: scene di sesso sotto la doccia con l'acuq che scorre o bottiglie di plastica usate come fossero dildo. Come nella realtà, i film porno non mostrano l’amore, ma la “rappresentazione” dell’amore cioè il sesso. Ma… insisto sono solo mie fantasie per cercare di dare un senso ad immagini prive di dialoghi che ne aiutino la comprensione.

Memorabili i siparietti musicali in cui i vari protagonisti del film ballano e cantano in numeri musical di gusto evidentemente occidentale nelle coreografie e nelle sonorità, a metà strada tra kitsch e vintage nelle atmosfere allo stesso tempo colorate e retrò. Un po’ come già visto quest’anno in “20 centimetri” o l’italiano “Mater Natura”.

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