Venerdì sera sono stato al COVO a Bologna a vedere il concerto delle canadesi ORGAN. Sono una band formata da 5 ragazze poco più che ventenni, dichiaratamente lesbiche e arrivate alla ribalta mondiale grazie all’inserimento del loro brano “Brother” (lo puoi scaricare qui) nella colonna sonora del telefilm lesbo-cult “The L world”.
A parte i problemi più classici del COVO (acustica non troppo perfetta, caldo infernale, fumo selvaggio e invadente, troppa gente stipata come pecore) il concerto è stato una vera sorpresa.
Le 5 ragazze suonano da anni, ma non erano mai arrivate in Italia. Anche il loro unico disco “Grab that gun” del 2004 è praticamente introvabile nei negozi. Nonostante questo è bastata una segnalazione del concerto sul forum di “The L World” e la serata si è rivelata un evento: grande folla (tanto che alcuni miei amici non sono riusciti ad entrare).
Sul palco le ORGAN sono bellissime e timide. Non sorridono mai e restano perfettamente ferme, immobili con la stessa espressione per tutta la durata del concerto. Anche la cantante, Katie Sketch, ha una voce incantevole ma è decisamente algida e poco propensa a comunicare con il pubblico se non con lo strumento canzone. Niente ammiccamenti alla platea di lesbiche adoranti, niente discorsetti (solo qualche sparuto “Thank You”), non c’è stata neanche la presentazione delle colleghe che sarebbe stata gradita visto che la batterista era totalmente nascosta e praticamente invisibile.
Ma veniamo alla sensazione che queste deliziose ragazze mi hanno lasciato. E’ stato fantastico! E’ stato come quando trovi alla fine di un cassetto una vecchia foto o qualche vecchio oggetto dimenticato che ti riporta indietro nel tempo e per pochi interminabile secondi torni a sentire le emozioni, gli odori, la realtà di allora.
Le ORGAN suonano una musica assolutamente retrò, completamente e sfacciatamente new wave anni ’80. E’ come se queste ragazzine avessero trovato in giardino una scatola con dei spartiti scritti da Morrissey e dai Cure insieme, dopo una serata a parlare della vita, del futuro, dell’amore. Ovviamente Morrissey e Robert Smith di allora, si intende!
Anche i suoni sono diretti, grezzi, con un impellente bisogno di essere suonati qui ora e senza tante storie. Le chitarre decise, le linee di basso asciutte, la batteria secca e metronomica, le tastiere impalcabili e ossessive.
Ebbene mi sono fatto trasportare per 45 minuti al 1984, quando avevo più illusioni e speranze, quando tutto poteva sembrava possibile e a portata di mano, quando si aveva la certezza che tutto, prima o poi, avrebbe trovato la sua via.
Ho cannibalizzato l’energia di queste ventenni che sono riuscite a fare un fotografia con i suoni. Qualcosa che immortala per sempre un periodo, un momento, un giro di volta. Ho assaporato la dolce sensazione che tutto può tornare e niente va perduto. Nello stesso modo in cui una canzone è riuscita a fare tutto questo forse ci sarà anche qualcuno in carne e ossa che possa farti tornare adolescente, innamorato, spaventato ma pronto a rischiare.
Ok, il calendario non è dalla loro parte e obbiettivamente le signorine arrivano con circa vent’anni di ritardo. Ed è per questo che sono sulla buona strada per essere delle mie nuove icone! Grazie ORGAN!