Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

mercoledì, marzo 28



Potere di myspace. Qualche settimana fa mi arriva tra le mani il primo disco di una cantante italo/inglese Diana Winter. Stamattina aprendo la mia pagina di myspace trovo il suo invito a "diventare amici", come si usa in gergo. Niente MTV, niente radio (a parte RMC che l'ha "scoperta"), niente concerti, niente interviste sulla stampa. Ma myspace cambia il flusso dell'informazione. Ma non solo: c'è anche una trasformazione del "messaggio". Infatti da stamattina con Diana Winter posso/devo usare la musica come strumento di relazione, mi pone nella posizione di "ascoltare" il suo disco in maniera diversa, da amico ad amico. La mia nuova amica è giovanissima: è nata nel 1985. Vi rendete conto? E so che molti dei miei lettori (di cui conosco la vera età che negherebbero fino alla morte), capiranno il tono della domanda! Il padre è italiano, la madre austriaca. Diana girà tutta l'Europa e respira aria artistica in casa, visto che la madre è un affermata pianista. Si forma con i classici ma decide che il suo strumento è la chitarra.

Ma veniamo al disco: "Escapizm". Io lo definirei un disco pop, nonostante si basi su un tessuto musicale più vario e, a volte, più sofisticato. Ma attenzione: un disco pop, nella migliore accezione del termine. Pop come un paio di jeans, pop come una coca-cola, pop come il caffè appena sveglio. Pop come tutte le cose con cui hai un approccio più naturale, senza tanti problemi, più friendly appunto. Scordatevi le inquietudini di una (prima) Tori Amos. Niente interpretazioni troppo teatrali come a volte usa fare Fiona Apple. Eliminate alcuni eccessivi sofismi vocali e stilistici di Bjork. Ma non pensate nemmeno ad una Norah Jones con uno stile troppo "riconoscibile". Ecco io avvicinerei questo disco più a "Color the small one" di Sia, la cantante degli zero 7.

Diana Winter ci regala delle canzoni più dirette: delle ballate, alcune più ritmate, altre più jazzate, cantate benissimo e arrangiate con gran gusto.

Si inizia con "Never ending tale" dove Diana si presenta come chitarrista/cantante. Sia in questa canzone, ma soprattutto in "Just a little" c'è un gran senso della melodia con delle aperture melodiche nel ritornello che ti entrano prepotentemente in testa come appunto le migliori canzoni pop. Se posso permettermi l'unica cosa che non ho molto gradito è l'uso delle background vocals, che ho trovato poco incisivo e che gli danno una connotazione molto anni '80.

"Rain", la pioggia che lava via la vergogna, e più intima e sussurrata. Secondo me è troppo lunga e il pezzo finale con una voce maschile non aiuta il pezzo.

"Midnight" più nostalgica e meno spensierata delle precedenti. La voce è molto ben modulata e raggiunge ottime estensioni, ma forse manca un po' di pathos. Insisto su una cosa: la signorina sa come fabbricare con un rif di chitarra un tarlo che lavora sulla memoria.

"Dream Alone" non so se sarà il singolo, ma per me dovrebbe esserlo. Non è la mia preferita ma è assolutamente la più radiofonica, la più diretta, la più "per tutti". Ecco il pop di cui parlavo prima. Insomma se Britney Spears la cantasse ora, sono certo arriverebbe prima in classifica anche senza dover aspettare che dimagrisca e che le ricrescano i capelli.

"September Song" e "Cruel" invece hanno sonorità più varie: delle percussioni più latine (se si può dire), l'armonica, chitarre e un cantato molto ispirato che sono sempre più curioso di sentire dal vivo.

"Would you let me" è il pezzo che meno mi ha ispirato. Giustamente in mezzo al resto. Come la fetta di cetriolo nel panino di McDonald. C'è! E Amen!

"Floating Star" è più jazzy e lunge e vagamente '70. Molto carina e con una tastiera di sottofondo (sarà un Fender?) che mi garba da matti.

"True Blue Hearts" è la canzone che preferisco e che secondo me ricorda più da vicino il disco di SIA.

"Calling angles" la voce (ottima, per altro) la fa da padrona, si passa a registri più sussurrati e intimi fino a salire ad un ritornello più urlato e liberatorio. Con una chiusura di pop chitarristico al suo meglio, arrangiato con archi e piano che fa assolutamente ben sperare per il futuro.


Voto: 3 ½ stelline (su cinque)


PS: Ho mandato qualche domanda di intervista a Diana. Se dovesse rispondere saranno pubblicate.

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