Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

mercoledì, febbraio 22


Ho visto il film TRANSAMERICA di Duncan Tucker con Felicity Huffman.
La trama in breve: Bree è un transessuale a cui manca una settimana per l’operazione definitiva. In questa settimana scoprirà di essere diventato “padre” in gioventù, attraverserà gli States e il Messico con suo figlio senza mai rivelargli la sua vera identità sessuale/parentale/spirituale e tornerà alla casa dei propri genitori in una vana ricerca di aiuto e conforto.
Non lasciatevi ingannare dalla mia breve descrizione e non cadete in pre-giudizi. E’ un film “anche” allegro e divertente. Non è morboso. E non è la transessualità la chiave di lettura di questo film.
Io credo che alla fine il vero senso di questa storia sia l’amore negato. L’amore che i genitori negano ai propri figli (i genitori di Bree non lo hanno mai “amato” per quello che è, Bree stessa ha negato l’amore ad un figlio che non sapeva di avere), l’amore che noi neghiamo a noi stessi (finendo a fare gli attori porno o rimando a fianco di una moglie insopportabile), l’amore che neghiamo agli altri etc etc
La storia parla di come sia difficile amare. Ma alla fine Bree ci riesce. Amerà se stessa per quella che è (facendo la tanto attesa operazione), amerà suo figlio per quello che lei può dargli e per quello che lui può dargli, amerà i suoi genitori nell’unico modo possibile e cioè stando lontano (per non offendere il loro stile di vita). Alla fine la transessualità è solo una metafora che ci invita a scoprire la diversità che ognuno di noi ha, e l’invito a trovare la chiave giusta per “amare” nel modo giusto, rispettosi di queste diversità. Ognuno deve essere amato in modo diverso, e la cosa difficile è proprio scoprirne la modalità e non negarlo a priori.
All’inizio del film si vede la protagonista che cerca di essere il meno vistosa possibile (a differenza dell’immaginario dei trans che i media popolari continuano a proporre). Ecco il messaggio la ferita dei non-amati si riesce a nasconderla e probabilmente anche il tuo compagno d’ufficio ne è vittima.
"La ferita dei non amati". E' così che Peter Schellenbaum, psicoterapeuta e scrittore, ha intitolato un suo libro che espone un concetto molto interessante. La ferita in oggetto, secondo l'autore, è l'impronta di un'antica mancanza d'affetto che difficilmente si cancella e che, proprio perché retaggio di un vissuto lontano, resta sensibile ai processi evolutivi della nostra crescita emozionale e subisce le influenze provenienti da microcosmo e macrocosmo. Quando un evento scatenante, tocca il tessuto non cicatrizzato, la ferita si riapre e torna a sanguinare.
Il transessuale Bree alla fine, dopo avere identificato questa originaria mancanza d'amore della sua famiglia, può finalmente diventare quella madre e padre amorosi che mancarono quando ce n'era bisogno.

Voto : 4 stelline (su cinque).