Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

martedì, ottobre 14

Capita che confrontarsi con qualcuno ti aiuti a tirare fuori delle cose da te stesso. E’ sorprendente come a volte gli estranei siano le persone migliori per farti delle domande ingenue o delle obiezioni che nessuno di quelli che ti conoscono ti fanno più.

Ho chiuso una storia nel modo peggiore: non volendolo veramente. Ma solo per paura. Ho cercato di recuperare il mio errore ma non mi è stata data la possibilità. E di conseguenza non sono mai riuscito a staccarmi da quella storia finendo per idealizzarla, restando impantanato in una situazione di rimpianto continuo.
E’ evidente che non sono riuscito a vivere una fase di “lutto” che mi permetta il distacco e l’apertura a nuove possibilità.
Il mio eterno rimpianto mi ha portato a fissarmi sul mio ultimo partner fino a trasformarlo in qualcosa di santificato, ideale e praticamente perfetto. E quindi nessun’altra persona può essere anche solo confrontata con lui.
E sarebbe proprio questo il mio scopo: fissarmi con il mio ex, per l’incapacità e la paura di rimettermi in gioco con qualcun altro, che ovviamente ai miei occhi rischia di essere sempre deludente e non all’altezza.
Io avrei trovato questa scappatoia per non affrontare i miei evidenti problemi di relazione. Questa mia modalità di fuga mi permetterebbe di stare in una specie di limbo sicuro tra “passato e futuro”.
Mi sarei ancorato ad un ideale che non c’è e forse manco c’è mai stato nella forma e nell’intensità con cui adesso tendo a ricordarlo.
E questo mi ha portato a non provare nessun sentimento di rabbia, di rivalsa nei confronti della storia finita. Mi sono accollato tutte le colpe. E non mi è sembrato vero quando dall’altra parte mi è stato scritto che la nostra storia è finita “per il mio modo cervellotico di affrontare le cose”.
Senza provare il sentimento di rabbia, è quasi impossibile vivere la perdita e quindi si continua a stare in uno stato sospeso, quasi “fuori dalla realtà”, come se la rottura e la perdita non si fossero mai realizzate. E quindi qui casca l’asino. Vivo come in una realtà che non c’è e non riesco a fare i conti con la “vera realtà” che mi sta intorno. Scambio assenze in attese. Confondo la nostalgia con la realtà. Questa è la nostalgia: è la dipendenza dal nostro stesso rimpianto. Faccio fatica a entrare in contatto con gli altri, che mi sembrano tutti indifferenti al mio dramma e che anzi sembrano aver accettato la cosa. E mi sento sempre più solo. Ed ecco che arriva la depressione.

“Amore è parlare anche per l'altro, quando l'altro non sa più parlare. Vedere anche per l'altro, quando l'altro non sa più vedere. Restare quando si vorrebbe fuggire. Tornare, prima che sia troppo tardi. Capire prima che sia finita.”

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3 Comments:

Anonymous Anonimo said...

Tesoro, credimi, tu non hai la benché idea, ma proprio la più pallida, di quanto io ti capisca!
Hai centrato in pieno.
Ti sono accanto.
Con affetto,
R.

10:22 AM

 
Anonymous Anonimo said...

datti tempo e anche un po' di fiducia!!

3:46 PM

 
Anonymous Anonimo said...

Concordo con Misstake, è difficile passare oltre una storia importante dopo così poco tempo.... è più 'normale' inventarsi qualche alibi per rimanere ancorati al passato.
Per inciso, leggo tra le righe, e penso che sei a buon punto per stare meglio, anche se tu non ci credi. Bacione, Fede

5:19 PM

 

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