Sabato ho comprato il disco “La Stagione del cannibale” degli Amor fou. Avevo già letto qualche critica positiva in giro, ma sabato quello che mi ha colpito è stata la copertina.
Intanto mi ha subito intrigato il forte contrasto tra la parola “cannibale” nel titolo e l’espressione di beatitudine della ragazza nella foto, che ha un sorriso enigmatico come quello della gioconda. Una volta che l’attenzione è stata attirata non puoi fare a meno di prendere in mano il disco e osservarlo con più curiosità. E allora i capelli scompigliati della ragazza ci dicono chiaramente che in quel letto ci ha passato un bel po’ di tempo. A dormire o a fare altro? Bhè, il trucco perfetto (anche se un po’ retrò) ci dicono che probabilmente la seconda versione è più verosimile. Si avverte la passione, la tenerezza, l’amore. Lei guarda dritta in macchina, con un espressione piena di complicità. Quindi si avverte la presenza di un secondo soggetto. Sarà lui il “cannibale”? Forse un amante non tanto sincero o forse proprio sbagliato.
Certo che nessuna ragazza di oggi si metterebbe una camicia da notte così leziosa, forse la foto ci racconta una storia passata.
E poi il nome del gruppo, soprattutto come è scritto. Sembra una parola francese, ma c’è scritto “Amor” mica “Amour”. E poi la distanza tra la parola “Amor” e la parola “fou” è falsata, tanto che a prima vista sembra un'unica parola, accentuata dal fatto che la seconda comincia con una minuscola. Se lo si legge alla francese potrebbe essere quasi un “amore pazzo”, se invece lo si legge all’italiana potrebbe essere un “amore passato”. Insomma un pazzo amore passato. Quindi prima di parlare del disco un plauso speciale alla copertina.
Intanto mi ha subito intrigato il forte contrasto tra la parola “cannibale” nel titolo e l’espressione di beatitudine della ragazza nella foto, che ha un sorriso enigmatico come quello della gioconda. Una volta che l’attenzione è stata attirata non puoi fare a meno di prendere in mano il disco e osservarlo con più curiosità. E allora i capelli scompigliati della ragazza ci dicono chiaramente che in quel letto ci ha passato un bel po’ di tempo. A dormire o a fare altro? Bhè, il trucco perfetto (anche se un po’ retrò) ci dicono che probabilmente la seconda versione è più verosimile. Si avverte la passione, la tenerezza, l’amore. Lei guarda dritta in macchina, con un espressione piena di complicità. Quindi si avverte la presenza di un secondo soggetto. Sarà lui il “cannibale”? Forse un amante non tanto sincero o forse proprio sbagliato.
Certo che nessuna ragazza di oggi si metterebbe una camicia da notte così leziosa, forse la foto ci racconta una storia passata.
E poi il nome del gruppo, soprattutto come è scritto. Sembra una parola francese, ma c’è scritto “Amor” mica “Amour”. E poi la distanza tra la parola “Amor” e la parola “fou” è falsata, tanto che a prima vista sembra un'unica parola, accentuata dal fatto che la seconda comincia con una minuscola. Se lo si legge alla francese potrebbe essere quasi un “amore pazzo”, se invece lo si legge all’italiana potrebbe essere un “amore passato”. Insomma un pazzo amore passato. Quindi prima di parlare del disco un plauso speciale alla copertina.
La band è formata da Alessandro Raina (ex voce dei Giardini di Mirò), Cesare Malfatti (La Crus), Leziero Rescigno (Soul Mio) e Luca Saporiti (Lagash).
Il disco lo si potrebbe definire un concept album (anche se Tori Amos mi ha fatto detestare questo termine…) in quanto è stato scritto dopo che il gruppo ha conosciuto una coppia di ex amanti. La storia d’amore tra queste due personaggi è nata negli anni 60 (in cui innamorati dell’amore non si facevano travolgere dagli eventi: “la facoltà di non capire è una bolla di scuse dove nuotare con te”). La love story si è conclusa il giorno della strage di Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969. Questa è una data simbolica perché inaugura la strategia della tensione sociale e ha determinato i dieci anni più bui della vita politica italiana. (e infatti nel corto circuito tra il personale e il pubblico gli anni che verranno - sia per l’Italia che per i due protagonisti - possono essere riassunti nel verso “mi rende consapevole che per farsi male richiede tempo”) Ma solo negli anni ’90 i due si incontrano nuovamente e riescono a ripensare con più obiettività alla loro storia personale e di come questa sia stata influenzata da tutti i forti cambiamenti sociali e politici degli ultimi 40 anni italiani.
“La storia siamo noi”, ha ragione Giovanni Minoli. E i testi di questo disco ci ricordano che la memoria collettiva di questo paese si deve necessariamente specchiare nelle storie personali di tutti.
Se per descriverlo dovessi fare dei paragoni potrei dire che suona come se “i (primi)Tiromacino avessero studiato musica con un maestro di nome Battisti, e avessero deciso di lavorare su delle melodie abbozzate e mai finite di Tenco, avessero chiesto qualche consiglio a Paolo Benvegnù ma avessero cercato anche fare un disco moderno tenendo presente come modelli i Baustelle e i Blonde Redhead”. Mi spiego?
Personalmente ho trovato in questo disco alcuni tra i testi più belli degli ultimi anni e ottimi arrangiamenti delle tastiere.
Ad esempio uno dei testi più poetici, ma allo stesso tempo diretti e pop, è quello della canzone “due cuori, una dark room”.
“Non c’è nulla di drammatico se due uomini si baciano nella folgore di un sogno che non sa finire più. Non esiste altra realtà più necessaria del grande buio che ci fa sognare senza dormire per ore. Se la vita è solo calore e colpi di testa e non ci fa sentire più di una tremenda distanza fra testa e cuore – tra dire e fare”. E poi la bellissima descrizione della prostituta (almeno per la mia interpretazione) in “ore 10: parla un misogino”. Anche qui è forte il contrasto tra il titolo e la benevolenza e la rispettosa obiettività del testo.
Come al solito ho preparato qualche domanda al gruppo. Se mi risponderanno l’intervista verrà pubblicata presto.
Voto: 4 stelline (su cinque)
Per ascoltare qualche pezzo:
Da qualche giorno è attivo anche il BLOG di Amor Fou, dovesaranno svelati dettagli e retroscena della storia che ha ispirato questo disco
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