Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

giovedì, novembre 30


Martedì sera sono andato a sentire il concerto di JOAN AS POLICE WOMAN all’Estragon a Bologna. Su queste pagine ho già scritto che, secondo me, il suo è uno dei dieci dischi dell’anno. Era da mesi che io e il mio amico/sister alec (qui la sua recensione) aspettavamo con ansia di vedere l’esibizione live di quella che si candida a nuova icona della musica.
Facciamo come i bambini: volete sentire prima le cose belle o prima quelle brutte? Le cose brutte sono solo tre:
1) il pubblico assente. Ma parco cane! Siamo a Bologna, capitale italiana della musica indie/alternativa (almeno così si dice…). Il suo disco ha avuto critiche positive su tutti i blog del pianeta, ma addirittura TV SORRISI E CANZONI si è sentito in dovere di parlarne (giuro! Mia mamma è abbonata) scrivendo più o meno che il disco non sarebbe mai entrato nella loro classifica ma che ne erano stati ammaliati. Il tour è stato pubblicizzato con fuochi d’artificio e affissione in città. Mi spiego?, Ebbene nonostante questo solo 150 persone sono venute a sentirla. Vergogna, vergogna, vergogna!!!
2) L’impianto luci dell’Estragon è irritante. Il palco praticamente buio che a tratti sembrava di intravedere Tiziano Ferro, travestito da Raffella Carrà che si masturbava e invece poi ti accorgevi che era solo l’asta del microfono e la sua ombra. In compenso i fari più potenti erano puntati nelle cornee dei pochi presenti. Inutile spostarsi, loro ti seguivano!
3) L’unica cosa che mi ha deluso è che miss JOAN WASSER non abbia suonato il violino. Insomma lei che è stata la violinista di fiducia di Antony, Rufus e Jeff che manco ce lo mostra, manco un’accordino. Vabbè…

Ma detto questo c’è il rovescio della medaglia. Si perché la ragazza si è guadagnata una medaglia in oro zecchino e la legion d’onore. Per vedere le cose da una altra angolazione posso dire che nonostante il pubblico fosse scarsino però era decisamente caldo. Salutata calorosamente al suo arrivo, accompagnata da 200 mani che battevano il tempo ad ogni sua richiesta, canzoni cantate a memoria con un labiale da drag queen e, addirittura, una standing ovation finale hanno emozionato e inorgoglito Joan. E’ vero non ha suonato il violino. Ma non si è risparmiata con la tastiera e la chitarra. I primi pezzi del concerto la vedono da sola sul palco, senza band, lei e la sua tastiera. Ma nonostante lei suonasse lo strumento sembrava un’esecuzione “a cappella”, come se la sua voce e la tastiera fossero una cosa unica, come se lei incarnasse veramente l’idea della musica. Elegante e misurata, affida l’inizio della performance a questi due pezzi acustici, con accordi semplici ma trionfali (è possibile?) e la sua musica è veramente uno stato di grazia, uno strano connubio tra jazz, soul, rock e pop di rara bellezza, ed eseguito alla perfezione con una voce potente e limpida, ancora più che sul disco. Ripenso alla frase che è apparsa sul suo sito myspace: "Beauty is the new punk rock”. Puoi urlare e gridare i tuoi sentimenti, ma non è il modo migliore di attirare l'attenzione. Quello su cui JOAN è concentrata ora è principalmente fare qualcosa di "bello" che possa arrivare al cuore della gente e che sia ben lontano dal gridare e urlare. Ma non è un esibizione moscia o sotto tono. La rabbia, la passione si sentono, Joan riesce a incanalarle e trasformarle in qualcosa di positivo e "bello".
Quando arriva la band il concerto raggiunge il suo massimo. Accompagnata da un batterista (bello, bravo e che ha pure ruttato) e da una bassista, con cui si avverte un grande affiatamento e complicità dopo tutte le date di questo loro inesauribile tour. Si avverte il piacere di suonare assieme: trasparente nelle battute e negli spunti che si scambiano di continuo. Entrambi i suoi musicisti sono impegnati anche ai controcori e ci regalano una strana ma piacevole versione di “I Defy” in cui sostituiscono la voce di Antony con grazia e, fortunatamente, senza volerla imitare.
Ogni volta che JOAN si alza dalle tastiere e inforca la sua chitarra la trova scordata. Allora chiede al pubblico di dirle come si dice in italiano “tuning”, e cioè accordare. E’ così tenera mentre lavora le corde e intanto ripete: “acordare” “acordare” (ovviamente con una c)
Un concerto in definitiva splendido, coinvolgente, la celebrazione di una donna complessa e un'artista genuina, che rivendica il diritto e il dovere di cantare la propria intimità, di aprirsi attraverso la musica. Nel corso dello show ha anche eseguito molte b-sides, tra cui la mia preferita “My Gurl”. Ci ha regalato anche un paio di canzoni nuove, tra cui un pezzo più impegnato dedicato alla politica del governo americano che mi è sembrata la più interessante per le armonie vocali e il jam. I bis, richiesti a gran voce, si aprono con la cover di “Sweet thing” di David Bowie. Me l’aveva fatto sentire per la prima volta il mio fidanzato e, sarà che era anche il nostro mesinversario, mi è venuta la pelle d’oca mentre canticchiavo (e gli dedicavo intimamente) le strofe:
Ragazzi, ragazzi, è una cosa dolce, una cosa dolce.
Se volete ‘sta roba, ragazzi, pigliatela qui,
Perché sperare, ragazzi, non costa niente, non costa niente.
Sono felice che tu sia più grande di me:
Mi fa sentire importante e libero.
Questo ti fa ridere? Non è da me?
Sono sulla tua strada e ruberò ogni istante.
Se lui vende porcate, allora benedirò te

1 Comments:

Blogger Alec said...

brava sister. Mi compiaccio di questo tuo post molto ben fatto. E fidanzati e anniversari o no... a me non interessa! Voglio quella fottuta splendida cover di Bowie. grazie molte!

1:47 PM

 

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