Chi mi conosce bene sa che dico sempre solo la metà di quello che vorrei dire e solo la metà della metà risulta comprensibile. Il che, lo ammetto, è una valutazione generosa delle mie capacità comunicative.

martedì, ottobre 10

Ieri con i miei fratelli sono stato dal notaio per la successione dei beni di mio padre, che è mancato il marzo scorso. Di fronte alle domande pertinenti del notaio ci siamo resi conto che non sapevamo quali fossero i beni di nostro padre, come li avesse acquisiti (per eredità, acquistati, etc), quali registrazioni o questioni burocratiche/legali lo avessero riguardato. Ieri ho capito che il mio papà non c’è più. Non potrà più dirci le cose che non ci ha detto, non potrà più spiegarci le cose che non ci ha spiegato. Non potremmo più chiedergli le cose che volevamo sapere. Possibile che in tutti quegli anni non ci siamo mai chiesti quale fosse la storia di quella casa? Possibile che abbiamo dato semplicemente per scontato che una famiglia debba averla una casa? Cosa rimarrà di quegli anni, di quella vita, di tutti quei ricordi? Ieri dal notaio ho avuto il terrore che non rimarrà niente, quando anche mamma sarà morta nessuno saprà del loro amore, delle loro speranze, dei loro piccoli segreti; e col tempo cadranno nell’oblio, il tempo si occuperà di cancellarne l’immagine già sbiadita. Quella nostra inconsapevolezza del “nostro” passato mi ha fatto male, mi ha spaventato come fosse un anticipo di quella che avvolgerà anche me (che probabilmente non avrò figli).
Eppure quella casa ha rappresentato un periodo importante. Probabilmente quello che stò cercando affannosamente di trovare è proprio un’altra “casa” dove mi senta così a casa. Insomma: durante l’infanzia la casa ha rappresentato il MIO mondo, sapevo che quello era il posto dove dovevo (e volevo) essere. La sicurezza e il totale senso di appartenenza che non ho più trovato in nessun altra casa dove ho abitato.
Ieri il notaio ha deciso che di quella casa me ne spetta una parte. Ma non la “mia” parte. Che ne so? La mia cameretta oppure il sottoscala dove da piccolo avevo fatto il mio quartier generale. No! Ma una “parte” ideale. Il che rende bene l’idea di cosa effettivamente si sia perso e cioè l’appartenenza. Paradossalmente la legge riconosce quello che la famiglia è diventata: tante “parti” separate da affetti diversi, stili di vista diversi, esperienze diverse.

2 Comments:

Blogger Casa_Libera said...

ci sei tu a ricordare l'amore che ha legato i tuoi genitori, ci sono i tuoi fratelli e forse ci siamo un po' anche noi che abbiamo letto il tuo scritto. Ora tocca a te scrivere la tua storia, tocca a te raccontare le cose che hai appreso da lui e da altri. Non avere (forse) dei figli non ti dispensa dal tramandare qualcosa al resto del mondo. E tu lo fai, con le tue parole, con i tuoi pensieri, con quello che trasmetti. Rimarrà qualcosa anche di te, che tu lo voglia o no. Io lo voglio. E questo non puoi evitarlo :-)

1:24 AM

 
Blogger CornflakesBoy said...

Mia sorella (che non legge questo blog) mi ha mandato stamattina questa mail in cui anche lei è arrivata ESATTAMENTE alle stesse conculsioni. Forse non siamo delle parti così distanti.

"A dire la verità non vedo l'ora di chiudere con questa pratica perché mi
lascia un pò l'amaro in bocca. Ti spiego: l'altro giorno dal notaio ho
provato strane sensazioni, sapevo che dovevo fare quelle faccende ma una
parte di me le allontanava. Dover decidere su quella casa che per me esiste
non come materia ma come affettività, come famiglia mi ha messo a disagio.
Dover spartire qualcosa che per me è indivisibile mi è sembrato come
mercificare un sentimento. Ho avuto la sensazione di dividere una cosa che
aveva un senso solo unita e che non sarà più la stessa dopo. Inoltre l'ho
sentita irreale non quella che è veramente. L'ho data per scontata senza
sapere nulla.
Eppoi ho pensato a me, a quello che sto costruendo io e se anche i miei
figli si troveranno un giorno a decidere su 4 mura che hanno rinchiuso la
mia vita. Allegria!!
Ci vediamo questo weekend?"

10:35 AM

 

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