Sabato sera ho visto il film “ROMANCE & CIGARETTE” di John Turturro con un cast d’eccezione al massimo dei livelli: Susan Sarandon, James Gandolfini, Kate Winslet.
Si tratta di un “musical sgangherato” in cui i protagonisti di un classico triangolo “lui, lei e l’altra”, esprimono i loro pensieri più intimi cantando canzoni famose (da Tom Jones, Janis Joplin o Springsteen). La mia chiave di lettura del film è proprio questa: è sulla difficoltà e sulle relative conseguenze di far venire a galla i nostri desideri e pensieri più nascosti.
La sceneggiatura parte proprio quando la moglie (Sarandon) trova nelle tasche dei pantaloni del marito (Gandolfini), una poesia composta per l’amante (Winslet): “O Tula, mia Tula, rosso fiore.../ d'amore”. Da qui parte la guerra fredda di tutte le donne di casa: moglie (terribilmente offesa ma segretamente ancora innamorata), le figlie (assolutamente insicure di loro stesse e alla deriva “non siamo belle, non siamo brutte” e cresciute senza un vero modello maschile tanto da ricercare partner eccentrici e narcisi) e non ultima la strepitosa madre che vuole finalmente poter urlare la sua rabbia per tutti i puttanieri della sua famiglia.
Nonostante sia un musical è un film che, secondo me, vuole proprio analizzare il rapporto che abbiamo con le parole e la difficoltà che abbiamo a dirle.
A volte mascheriamo i nostri pensieri usando delle parolacce, e in questo film c’è il miglior campionario degli ultimi 20 anni.
A volte non riusciamo a dirle, come la moglie che non riuscirà mai a dire “ti perdono” al marito.
A volte riusciamo a dirle solo da estranei e non a chi invece dovremmo, come fa il marito con i poliziotti o la moglie con il prete.
A volte le parole giuste le troviamo solo nelle canzoni scritte da altri, e che facciamo nostre ricantandole a squarciagola.
A volte le parole ci tradiscono. E così l’amante pazza e sgualdrina che alla fine si fa coraggio e pronuncia la fatidica frase «E nel nostro futuro? Cosa faremo?», provoca la fine del sogno erotico. Lei finisce di essere una porchissima coniglietta di PlayBoy, e si trasforma in un peso da scaricare: potenza di quelle 6 paroline che perdono la sfida con le altre 20.000 parole sconce che recita per tutto il film!
E poi l’ennesima conferma su quanto JAMES GANDOLFINI sia uno degli uomini più sexy del mondo. Lo si sapeva già da dai tempi del telefilm cult “I Soprano”, oppure da quando aveva interpretato il ruolo del killer gay in “The Mexican” a fianco di Julia Roberts.
Ha sicuramente una bellezza di nicchia: è l’apoteosi dell’estetica del genere orso, di cui io sono un estimatore da tempi non sospetti. Sexy nonostante il testone con pochi capelli, i 120 chili, la pancia prominente. Anzi, forse proprio grazie a questa sua presenza invadente, importante, possente. Perché James Gandolfini "è una vera forza della natura", dice il suo regista Turturro con un bel po' d'invidia, "è l'ultimo degli uomini veri, che entra in una stanza e si porta dietro quell'aria da duro, ma uno di quei duri teneri, che ti rassicurano".
Ed è proprio vero! Il suo essere sexy nasce proprio da questo contrasto tra la faccia da pugile e gli occhi da bambinetto, tra un corpo possente che potrebbe spaventare e le espressioni stranite e dolci di fronte agli attacchi delle donne di casa. E’ stato consacrato un nuovo sex-symbol!
Voto: 5 stelline (su cinque).
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